In Calabria, i numeri raccontano un'altra epidemia. Statistiche che descrivono un “contagio zero” ormai quasi permanente anche se c'è il nodo di un'attività diagnostica che flette proporzionalmente con la curva dei positivi. Ieri, ad esempio, la Regione ha certificato appena 556 tamponi, contro i 1.060 di domenica e i 1.045 di sabato. Il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, aveva già indicato la strada maestra verso un'attività di testing affidabile per la ripartenza sicura, posizionando l'asticella del dato medio giornaliero a quota 250 tamponi ogni 100mila abitanti che in Calabria corrisponderebbe a un totale di 4.867 verifiche diagnostiche al dì. Obiettivo irraggiungibile. Tra il dire e il fare ci sono le fragilità di un sistema salute regionale che fatica a orientarsi dopo dieci anni di commissariamento e di tagli alla spesa. Ostacoli che creano una cortina di caos nell'organizzazione.
Così può succedere quello che è accaduto a “Villa Torano”, nel Cosentino, dove l'indagine epidemiologica è stata ripetuta per un “conflitto di competenze”. Sempre a Cosenza è venuto alla luce il garbuglio dei tamponi “congelati” e “itineranti”. Un giallo che resta in parte senza soluzione. Ed è una parte importante costituita da 278 tamponi “usciti” dai radar dell'Asp cosentina. Si tratta di alcuni stick utilizzati per i rientri in regione del 12 maggio e, soprattutto, per gli screening all'interno delle case di cura della provincia.
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