I finanzieri del gruppo di Cosenza hanno eseguito un decreto di sequestro per equivalente di beni per oltre 600 mila euro, emesso dal Gip presso il locale Tribunale su richiesta della procura della Repubblica, nei confronti di due imprenditori attivi nel settore dell’informatica e delle nuove tecnologie indagati per i reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti, omessa dichiarazione e di occultamento delle scritture contabili obbligatorie per legge.
Le fiamme gialle cosentine hanno sottoposto a sequestro i saldi attivi, i fondi comuni d’investimento, le polizze assicurative e le altre disponibilità finanziarie di cui i legali rappresentanti delle società avevano la disponibilità presso gli istituti di credito situati nel territorio nazionale.
Il sequestro «per equivalente» è stato esteso agli altri beni facenti parte del patrimonio dei due amministratori, fra cui una villa di lusso situata nell’area presilana del valore commerciale di oltre 300 milaeuro e quote societarie. Per il titolare di una delle due aziende è scattata anche la misura cautelare interdittiva del divieto di esercizio dell’attività imprenditoriale, per la durata di 12 mesi, prevista come sanzione accessoria per i reati della specie.
Le indagini sono partite da una verifica fiscale svolta dai finanzieri nei confronti di una società cosentina a seguito di una preliminare attività di intelligence ed incrocio delle risultanze delle banche dati in uso al Corpo con gli elementi informativi acquisiti durante le attività di controllo economico del territorio. Dagli accertamenti era emerso che il contribuente, per tutte le annualità, aveva omesso di presentare le dichiarazioni fiscali seppure risultassero emesse fatture di vendita, in favore dei clienti, di importi superiori al milione di euro.
Il dominus dell’articolato meccanismo fraudolento era un imprenditore, di origini crotonesi, che gestiva la società utilizzando come prestanome una parrucchiera cosentina, totalmente all’oscuro delle vicende societarie, la quale, nell’ultimo anno, si era addirittura trasferita e risiedeva stabilmente nella provincia di Verona. In sede di avvio dell’attività ispettiva, i finanzieri non hanno trovato traccia della documentazione amministrativo contabile riguardante la società e l’amministratore ha omesso di fornirla nel prosieguo del controllo.
Particolarmente difficoltosa si è rivelata la ricostruzione del volume d’affari, effettuata attraverso gli accertamenti bancari nonché, in maniera analitica, mediante l’acquisizione e l’analisi della copiosa documentazione fiscale fornita dai clienti e dai fornitori interpellati. Nel corso delle indagini, sono emerse anche fatture false emesse dall’impresa verificata che attestavano la fittizia vendita del cosiddetto servizio di wap billing, consistente nella realizzazione di banner pubblicitari, da inserire su siti internet, che rimandano gli utenti del web a portali per l’acquisto di contenuti multimediali con la modalità dell’abbonamento on - line.
Dagli ulteriori accertamenti è emerso che i documenti fittizi erano stati anche inseriti nella contabilità e nelle dichiarazioni fiscali della compiacente azienda utilizzatrice, operante nel medesimo settore commerciale, al fine di «gonfiare» i costi e ridurre i ricavi dell’anno di riferimento.
Caricamento commenti
Commenta la notizia