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Ergastolano di Cosenza latitante dal 2006, ma nessuno lo cerca

Il tribunale di Cosenza

Nessuno lo cerca. L’ultimo imprendibile e “dimenticato” latitante calabrese è un ergastolano di Cosenza. Ha 55 anni, si chiama Edgardo Greco ed è alla macchia dall’ottobre del 2006.

Negli anni '80 del secolo scorso divenne famoso negli ambienti della criminalità dell’Alta Calabria  con l’appellativo di “killer delle carceri” perché, durante la terribile guerra di mafia che insanguinò l’intera provincia, tentò di assassinare nel penitenzario bruzio il capobastone Franco Pino. La vittima riuscì tuttavia a scampare miracolosamente all’agguato ordinato dai rivali della cosca Perna-Pranno alla quale Greco apparteneva con convinzione.

“Azionista” dai modi spicci, taciturno e determinato, la primula della ‘ndrangheta è stato condannato all’ergastolo con sentenza definitiva perché ritenuto corresponsabile dell’imboscata costata la vita, il 5 gennaio del 1991, ai fratelli Stefano e Giuseppe Bartolomeo. I germani, diventati troppo autonomi rispetto alle cosche cosentine dominanti, vennero massacrati a colpi di spranga all’interno di una pescheria all’epoca nella disponibilità dei fratelli Mario e Pasquale Pranno.

I Bartolomeo furono attirati in trappola con la promessa della consegna di due giubbini: appena entrati nella pescheria fu sbarrata la porta e finirono con l’essere selvaggiamente colpiti da Edgardo Greco e altre quattro persone. I loro cadaveri vennero trasferiti in Sila e sotterrati. Tre anni dopo, nel 1994, furono disseppelliti e squagliati nell’acido per timore che, sulla base delle rivelazioni dei pentiti Dario e Nicola Notargiacomo e Roberto Pagano, potessero essere ritrovati. Nel gennaio del 1997, durante il maxiprocesso “Garden”, Greco fino a quel momento muto come un pesce e ligio alle consegne dell’omertà mafiosa, chiese di collaborare con la giustizia.

La richiesta venne accompagnata da clamorose rivelazioni. L’uomo fece ritrovare un arsenale di armi ma, soprattutto, parlò di un presunto piano elaborato per screditare i pentiti ed inquinare alcune indagini.

Non solo: aggiunse d’essere stato incaricato di uccidere Pasquale Pranno, già contabile dei clan cittadini e suo antico sodale. Nonostante le confessioni rese nell’aula bunker di via degli Stadi, non ottenne però l’ammissione al programma di protezione: l’allora pubblico ministero antimafia di Catanzaro, Stefano Tocci, non gli credette. Al magistrato la sua confessione sembrò la solita pantomima messa in piedi per sfuggire a carcere e condanne. Greco, perciò, smise di “cantare” e tornò nel giro.

Quando nel 2006 venne emessa nei suoi confronti una ordinanza di custodia cautelare nell’ambito della maxioperazione Missing, Greco tagliò la corda. Rischiava il carcere a vita e non gli andava di invecchiare tra sbarre, celle e muri invalicabili. Da allora del killer delle carceri si sono perse le tracce. Le forze dell’ordine ipotizzano che sia fuggito all’estero. Nel sottobosco criminale di Cosenza tanti sostengono che viva in Germania, sotto falso nome. Nessuno però sembra più cercarlo.

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