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Cosenza, la battaglia contro il virus vissuta dal tenente... giornalista

La calabrese Francesca Cannataro, 41 anni, presta servizio nell’ospedale militare da campo

Francesca Cannataro, 41 anni, calabrese, tenente della riserva selezionata dell’Esercito, ha fatto esperienza di giornalista embedded, in teatri operativi esteri al seguito delle forze armate. Ora presta servizio nell’ospedale da campo militare allestito a Cosenza.

Tenente, un ritorno a casa?

È stato un orgoglio quando mi è arrivata la chiamata per prestare servizio nella mia città ed è un onore trovarsi qui. Sono stata chiamata come ufficiale addetto alla pubblica informazione per gestire i rapporti con i media e far conoscere il grande lavoro svolto dal personale sanitario e logistico.

Qual è la storia che più l’ha colpita in queste settimane?

Sono tante, perchè all’interno dell’ospedale si sono alternate diverse persone ciascuna con la propria storia: dal vigile del fuoco con decorso clinico complesso che abbiamo restituito all’affetto dei suoi bambini prima di Natale, Poi la prima paziente donna, ricordo l’abbraccio commovente con la figlia che non vedeva da ormai 30 giorni e che pensava forse di non rivedere mai più. Lei disse alla madre: credevo di non poterti più riabbracciare. Ancora la vicenda dei due fratelli gemelli che erano stati ricoverati in momenti diversi negli ospedali civili e che si sono ritrovati quii passando le festività sotto le tende del nostro ospedale. Ma tra i momenti più belli c’è certamente la mesa campale con il cappellano militare, la visita del vescovo Nolè che abbiamo poi fatto parlare via radio il con una signora ricoverata che chiedeva il suo conforto. Una signora alla quale poi siamo riusciti a somministrare la Comunione il giorno di Natale. Una cosa bellissima dal punto di vista spirituale realizzata grazie all’impegno del nostro direttore, il colonnello Michele Tirico.

Qual ‘è la situazione attuale nell’ospedale da campo?

In linea con la curva epidemiologica: continuiamo a ricoverare e dimettere. Negli ultimi giorni ci sono stati diversi ricoveri: abbiamo nove pazienti, alcuni sottoposti a terapia con ossigeno. Per me è una esperienza altamente formativa e sono orgogliosa del calore e dell’affetto di tutti i cittadini. Ieri è venuta una delle signore che abbiamo dimesso con un bellissimo biglietto. MI ha davvero colpito.

E, invece, il suo precedente impegno nelle missioni all’estero come è stato?

Sono stata in tre posti diversi: Afghanistan Libano e Kosovo. La cosa più bella è stata il riuscire a raccontare le storie di uomini e di donne davvero straordinari per spirito di abnegazione, senso di sacrificio, altruismo.

Ha mai avuto paura?

No, perché in tutti e tre i teatri la mia sicurezza era garantita dalla elevata professionalità dei soldati: io mi muovevo scortata da loro

Cosa ha visto e cosa l’ha colpita?

L’aiuto concreto che noi portiamo nelle aree, ho visto gli uomini insegnare karate nelle scuole dove c’erano bambini disabili, aiutare le donne nel carcere femminile di Herat che è una realtà molto particolare per le detenute stanno nel penitenziario con i loro bambini fino a sette anni. MI è rimasto molto dentro. Devo pure dire che in tutti i teatri del mondo quando passano i soldati italiani la popolazione appare sempre amichevole: L’ho constatato con la mia diretta esperienza.

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