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Cosenza, donna morta e parenti non avvisati per 48 ore, l'ospedale si scusa

«In relazione all’episodio accaduto nei giorni scorsi non possiamo che riconoscere l’errore e chiedere scusa alla famiglia che è stata involontariamente vittima di due eventi dolorosi: la perdita della propria congiunta e la mancata comunicazione, da parte di chi aveva in cura la signora e ha omesso di informare i congiunti del triste epilogo». Lo dice il direttore del dipartimento emergenza urgenza dell’ospedale dell’Annunziata di Cosenza, Pino Pasqua.

Il riferimento è ad un episodio avvenuto nei giorni scorsi a Cosenza. Un’anziana donna, ospite di una casa di riposo di Dipignano, era stata portata al pronto soccorso dell’Annunziata dai familiari, dopo che aveva avuto un malore, ma era poi morta, dopo qualche ora, senza che nessuno si fosse preoccupato di avvisare del decesso. I familiari avevano continuato a telefonare, senza risposta, al nosocomio, nell’impossibilità di poter visitare la donna a causa dei protocolli di sicurezza anticovid. Non avevano avuto risposta che due giorni dopo, trovando la congiunta riposta in una cella frigorifera dell’obitorio. I figli, sconcertati, hanno sporto una denuncia per quanto accaduto. Adesso arrivano le scuse ufficiali da parte dell’ospedale cosentino. «La gestione della comunicazione ai parenti dei pazienti, che l’emergenza pandemica ci ha costretti a delegare ai sanitari, - dice ancora Pasqua - indubbiamente ha evidenziato molte lacune ed insufficienze, soprattutto in un reparto nevralgico e ad elevata intensità di cura come il pronto soccorso e in generale tutta l’Emergenza Urgenza.

Al fine di evitare che episodi dolorosi come questo possano riaccadere, siamo pronti, in accordo con la Direzione Strategia, a rivedere il processo di comunicazione e mettere a punto, grazie alle nuove tecnologie, un’informativa ai parenti costante e automatica». «Siamo anche consapevoli - ha concluso Pino Pasqua - in perfetta sinergia con il Commissario Straordinario che, dopo la chiusura obbligata del nostro ospedale, sia il tempo di riattivare i percorsi di umanizzazione, nella sicurezza che l’emergenza pandemica impone»

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