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Cosca Forastefano, nella Sibaritide un attentato contro la madre di un indagato

Data alle fiamme l’autovettura della congiunta dell’imprenditore Luca Talarico “testa di legno” del clan sibarita nel mondo agricolo

Luca Talarico

Fiamme... d’avvertimento. L’autovettura in uso alla madre dell'imprenditore Luca Talarico, 36 anni, di Spezzano Albanese, ritenuto “prestanome” della cosca Forastefano nel settore agricolo, è stata incendiata in piena notte da ignoti attentatori. Il gesto viene letto da più parti come un chiaro messaggio intimidatorio indirizzato a Talarico che è in carcere da ormai dieci giorni ed ha risposto alle domande postegli durante l'interrogatorio dio garanzia dal gip distrettuale di Catanzaro, Paola Ciriaco.

L'imprenditore è stato assistito da un avvocato d'ufficio al contrario degli altri indagati che invece hanno nominato i loro legali di fiducia. Molti di loro, come per esempio il commercialista Vincenzo Pesce (difeso dall'avv. Vincenzo Belvedere) hanno scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. L'atteggiamento processuale assunto da Talarico potrebbe non essere stato gradito da qualcuno che – forse – ha inteso recapitargli con il fuoco un inequivocabile messaggio. Al momento della esecuzione dell’arresto nell’appartamento del trentaseienne, i poliziotti della Mobile, diretti da Fabio Catalano, hanno rinvenuto un discreto numero di assegni d’apprezzabile valore. L'indagine, coordinata dal procuratore Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Capomolla e dal pm antimafia Alessandro Riello, ha svelato la mappa degli interessi illeciti della cosca.

Magistrati e investigatori hanno ricostruito le estorsioni compiute in danno di una grande azienda di Tresigallo (Ferrara) – la “Cico-Mazzoni” - che gestiva una imponente azienda agricola nella Piana di Sibari ed è stata costretta annualmente a versare una “mazzetta”. E ancora: le vessazioni subite dal titolare di una azienda di trasporti che è stato spogliato dei mezzi e sostituito nei rapporti che aveva con la “Bartolini” a beneficio di una impresa controllata dalla cosca; le estorsioni subite dai titolari di imprese locali indotti a versare il “pizzo” stabilmente. Il sodalizio criminale era inoltre specializzato in truffe in danno dell'Inps che attuava attraverso le indennità percepite per il tramite di braccianti fittiziamente reclutati ma mai realmente impegnati nei lavori segnalati all'Istituto nazionale di previdenza. A quest’ultimo tipo di attività illecita sarebbe collegabile - ad avviso degli inquirenti - l’attività professionale di consulenza offerta dal commercialista Vincenzo Pesce, 54, di Cassano.

Mentre al reclutamento di lavoratori per il tramite di agenzie interninali sarebbe legato il ruolo di “concorrente esterno” nell’associazione mafiosa dell’avvocato Giuseppe Bisantis, 53 anni, di Capaccio Paesteum. Sulla tenuta di Talarico in caso di indagini mostravano preoccupazione il “reggente” del clan, Pasquale Forastefano e il sul braccio destro, Domenico Massa, entrambi poi arrestati. I poliziotti della Mobile li hanno intercettati mentre spiegavano all'imprenditore cosa avrebbe dovuto dire in caso d'interrogatorio. Pasquale Forastefano raccomandava a Talarico: «se ti domandano di me dici: ʺPer me è un secondo papà...mi daʹ consigli... qualsiasi problema e cose... io con lui mi sfogo su tutto... ho avuto problemi e mi ha dato sempre una mano... mi tratta come un figlioʺ...». L’imprenditore è ancora detenuto.

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