Sentita partecipazione, giovedì scorso, nel pieno rispetto delle norme anti-covid, alla cerimonia religiosa per il decimo anniversario di sacerdozio di don Francesco Lauria, giovane parroco della chiesa madre della città, San Benedetto Abate. Presenti anche il sindaco, Ermanno Cennamo, i componenti della giunta e il presidente del Consiglio comunale, Giovanni Rossi. «A don Francesco rinnovo gli auguri e il ringraziamento dell’intera amministrazione comunale - ha dichiarato il sindaco - per il servizio svolto nella nostra comunità, per il coraggio e per il coinvolgimento dei nostri giovani nelle numerose attività promosse. Lo ringrazio ancora per le parole di incoraggiamento e apprezzamento dell’azione amministrativa pronunciate durante l’omelia. Parole che ci aiutano a continuare sul percorso tracciato fatto di rispetto, lealtà, coraggio e amore verso la comunità».
A sua volta, il presidente dell’assise comunale, Rossi, ha sottolineato: «Nel giorno della memoria per le vittime del Covid-19, ricorre il decennale dell’ordinazione sacerdotale di don Francesco Lauria, parroco della chiesa Madre della nostra comunità. Una combinazione tutt'altro che casuale: nel giorno in cui il ricordo per le vittime adombra il nostro animo, Dio Padre ci ricorda la presenza di un punto di riferimento per tutti noi».
Don Francesco, visibilmente commosso per l’importante ricorrenza, nel suo indirizzo di saluto alla comunità ha fatto riferimento a una Lettera di San Paolo. «Ognuno ci consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri” (1 cor 4,1) - ha ribadito - La prima lettera che Paolo scrive alla comunità di Corinto al Capitolo 4 ha guidato la mia meditazione mattutina, in questo giorno di lode e ringraziamento al Signore per l’incommensurabile dono del ministero sacerdotale che ha posto nelle mie mani. Dieci anni fa la Chiesa, sotto la custodia di San Giuseppe, mi ha chiamato ad essere Padre nella fede, servitore della comunità, annunziatore del Vangelo». Don Francesco ha poi espresso gratitudine per la sua comunità e per la sua famiglia, «che mi ha generato nella fede - ha sottolineato - sostenendomi e accompagnandomi in ogni passo compiuto, presenza certa e silenziosa nella vita di un sacerdote, in modo particolare ai miei cari nipoti Antonio e Chiara, segno della tenerezza di Dio», e per il vescovo, monsignor Bonanno, «che si unisce a noi spiritualmente in preghiera i confratelli sacerdoti Padre Bobby, don Sebastiano, don Luigi, don Loris, don Agostino, dell’unità pastorale, e don Giuseppe, che questa sera con me e per me hanno offerto il sacrificio di lode».
Infine ha rivolto «Un grazie particolare a don Antonio, padre nell’insegnamento, fratello maggiore nel cammino, sostegno e forza», ricordando che nella celebrazione «seppur contingentata a causa della pandemia in corso», si è ricomposta tutta la sua vita, «iniziando dalla comunità di origine: la Parrocchia Santa Maria della Neve in Sangineto, madre che mi ha generato alla fede e accompagnato a varcare la soglia del sacerdozio; la comunità parrocchiale della Beata Vergine Addolorata di San Filippo, che ha raccolto i primi frutti del mio ministero, l’entusiasmo, gli errori dell’inesperienza, e la comunità di San Benedetto Abate, oggi affidata alla mia custodia».
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