Il virus trascina il nostro mondo in una delle pieghe più buie della storia. Il suo respiro maligno gonfia l’andata di piena che in queste ore ha piegato la resilienza dei nostri ospedali. Da giorni non ci sono più letti, da ore sono terminate anche le barelle nel Pronto soccorso. E scarseggia pure l’ossigeno delle bombole. Il morbo ha portato la guerra nei nostri ospedali con gente che muore in mezzo a tanta gente che soffre. Casi gravissimi, urgenti, anime in pena parcheggiate ovunque, persino nei corridoi. Code di lettini e barelle con malati in attesa del responso del tampone e di un ricovero che arriverà solo se qualcuno verrà dimesso o si arrenderà al male. Ieri sono stati quattro a cedere alla rabbia dell’agente patogeno. Altre quattro morti di questo maledetto aprile che in appena 7 giorni ha già mietuto 29 vittime. Un tasso di letalità che continua ad essere spinto dalla sofferenza dei servizi assistenziali con personale sanitario stremato da tredici mesi vissuti a lottare contro un nemico informe. Novanta diagnosi attraverso 633 tamponi e un tasso di positività che rimane troppo alto (14,2%). C’è però un problema di lavorazione dei test. Molta gente attende l’esito da 7-10 giorni. Ritardi che pesano inevitabilmente sull’attendibilità dell’attività di testing&tracing. Ma è soprattutto il dato dei ricoveri (+11 il saldo ingressi-dimissioni) in area medica (con 218 pazienti) che scuote dalle fondamenta il sistema salute cosentino.
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