Il virus resta un caos che nessuno comanda nel focolaio della Calabria. Il Cosentino è una terra sospesa con 183 nuove diagnosi in appena 24 ore (dopo l’illusione festiva dei 23 casi, uno stop servito essenzialmente a raffreddare l’increspatura della curva) e un decesso. Ma, la narrazione del giorno diventa ancora più preoccupante per il rialzo del tasso di presenze sia in area medica (+8 ricoveri) sia in terapia intensiva (+2). L’ospedale resta il simbolo della resistenza in questa guerra, con medici, infermieri e operatori sociosanitari che si battono in trincea per fermare l’invasione. Nelle aree del Pronto soccorso è stato introdotto il “numero chiuso”. Non più di venti pazienti contemporaneamente per evitare di andare in over e non riuscire a garantire assistenza. Il contenimento delle presenze è assicurato dalla nuova disponibilità di posti negli ospedali spoke di Rossano, Cetraro e Acri, attraverso un sistema di vasi comunicanti che assicura un posto letto a ciascun malato. Dal 14 aprile a ieri, l’Asp ha messo insieme nei vari bollettini 1.325 nuovi casi che generano una incidenza cumulativa di 192 casi per 100mila abitanti. Nella settimana precedente, invece, le diagnosi dichiarate erano state 1.343 (18 in più, all’interno di un andamento, però, più regolare e attendibile) con una incidenza di 195 casi. Dunque, ritenendo il dato di lunedì, un “incidente matematico” non ci sono evidenze di un miglioramento dello scenario in tutta la provincia. Negli ultimi sette giorni, il Cosentino ha pianto altre 23 vittime (l’Epidemiologia dell’Asp non ha ancora contabilizzato due decessi di Cassano ufficializzati dal sindaco Gianni Papasso con un post pubblicato un paio di giorni fa), più di tre al giorno. Numeri preoccupanti alla vigilia delle riaperture “ragionate” del Governo.
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