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Cosenza, i bilanci delle aziende in rosso spingono i pazienti all'emigrazione sanitaria

Le viscere della sanità calabrese sono imbottite di muffe e tossine. Scorie che schiacciano questa terra sotto zavorre di debiti che affondano i bilanci delle aziende. Conti perennemente in rosso, col personale ridotto al lumicino e servizi assistenziali sotto assedio. La razionalizzazione della rete ospedaliera ha privato i calabresi del diritto alle cure. Qui, da noi, ormai, è vietato sentirsi male, perché si rischia un calvario tra un ospedale e un altro, tra riforme e tagli di posti per la degenza. Colpa dei tanti debiti, di miliardi di euro risucchiati nel “buco nero”. E per sanare il deficit sono stati chiuse le piccole strutture, tagliate corsie, bloccato il turn-over dei sanitari. Pochi i medici e gli infermieri, soprattutto nei Pronto soccorso, la prima linea della nostra assistenza medica ridotta a bolgia infernale. In questi casi non resta che la fuga verso le cliniche attrezzate del Nord. La mobilità passiva sovraccarica di ulteriori negatività i bilanci dei nostri ospedali e così mancano le risorse per i rinforzi e le corsie continueranno a restare vuote. Certo, il virus ha frenato la mobilità sanitaria per mesi. Ma con la flessione della curva, sono ripresi i viaggi della speranza, quel fenomeno che nei bilanci di Asp e Azienda ospedaliera rappresenta una parte importante del buco nero del sistema sanitario locale. Più che pazienti che si spostano alla ricerca di assistenza e cure o di semplici rassicurazioni sulle proprie condizioni di salute, la mobilità passiva è la sommatoria dei diagrammi di flussi di spesa che si determinano proprio attraverso lo spostamento di pazienti da un’Azienda all’altra.

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