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Acquappesa, mare e Terme Luigiane: la lunga estate del tirreno cosentino

I lavoratori chiedono un consiglio regionale urgente per risolvere la questione. Il segretario provinciale dell’Ugl, Guglielmo Nucci interviene sulla querelle in atto nel comprensorio

"Il Covid non è riuscito a mettere in ginocchio una realtà produttiva come quella delle Terme Luigiane per contro l’indifferenza della Regione Calabria ci ha fatto arrivare ad agosto 2021 con gli stabilimenti chiusi". In una nota i lavoratori sollecitano ancora una volta la politica e si accordano al consigliere Pietro Molinaro: "Serve un consiglio urgente. Chiediamo al Presidente del Consiglio regionale, Giovanni Arruzzolo, al vice Presidente, Luca Morrone, a tutti i consiglieri sia di maggioranza che di minoranza, che la questione delle Terme Luigiane venga discussa e soprattutto risolta una volta per tutte in occasione del prossimo consiglio regionale".

Il contratto dell’azienda, che per 80 anni ha gestito le Terme Luigiane, garantendo la piena e totale legalità sotto ogni punto di vista e nei confronti di tutti gli stakeholders, è in proroga dal 2016 e, secondo gli accordi sottoscritti tra Comuni, Sateca, Regione e parti sociali in Prefettura nel 2019, dovrebbe essere tuttora in vigore fino al subentro del nuovo sub concessionario. "Le due amministrazioni comunali, rinnegando unilateralmente quanto sottoscritto e ratificato nei rispettivi consigli comunali, hanno utilizzato la forza per riappropriarsi delle acque e ad oggi non sono state in grado di redigere un bando di gara. Di recente hanno fatto delle proposte tecniche ed economiche fuori da ogni logica legale, tecnica e amministrativa mentre continuano a maturare inadempienze contrattuali e gravi morosità nei confronti della Regione Calabria".
I lavoratori spiegano come la legge impone alla Regione di intervenire con un provvedimento di decadenza immediata della concessione in capo ai Comuni visto che la morosità ha da anni superato i 240 giorni indicati dalla norma: "Ma nessuno in Regione, né politici né dirigenti, si assume la responsabilità di adempiere ai propri obblighi. Quello della morosità è solo l'ennesimo motivo per cui la Regione avrebbe dovuto già da tempo certificare la decadenza di una concessione data a soggetti che stanno da anni dimostrando di non essere assolutamente in grado di gestire un bene pubblico così importante. Le Istituzioni sono preposte a intervenire concretamente per creare le condizioni per la risoluzione di una problematica di questa entità e gravità. La Calabria non può permettersi la perdita di centinaia di posti di lavoro e 500.000 prestazioni sanitarie senza che la Regione faccia nulla per scongiurare un disastro di questa portata. Visto che la Giunta sembra essere sorda rispetto alle richieste di intervento più volte sollecitate, chiediamo al Consiglio Regionale di intervenire con immediatezza e risolutezza per salvaguardare centinaia di posti di lavoro sia diretto che di indotto e una realtà produttiva sana".

La posizione dell'Ugl

“In passato era “mare da bere”, oggi si afferma invece “le acque del tirreno cosentino non sono inquinate”, salvo che poi si è finiti con 10 avvisi di garanzia da parte della Procura di Paola nell’operazione “Archimede”, nei confronti di soggetti che hanno causato l’inquinamento del mare, attraverso lo smaltimento di fanghi di depurazione, con controlli falsati e appalti illeciti”.
Questi sono i fatti ai quali l’Unione territoriale del lavoro di Cosenza non rimane insensibile. “Riteniamo fuori luogo le minacce di denuncia presso la Procura di coloro che quotidianamente postano sui social le foto di come si presentano le acque del tirreno cosentino in determinate ore del giorno. Ci saremmo aspettati da chi è preposto in regione Calabria, di verificare con certezza l’effettivo stato delle acque e non limitarsi a enunciazioni fantasiose quali, la fioritura delle alghe, la mucillaggine, puntualmente smentite da Legambiente, ora costituitasi parte civile”.

Alla luce di una problematica atavica l’Ugl spiega: “Lungi dal colpevolizzare chi da poco è subentrato, se ci si fosse, prima della partenza della stagione turistica, attivati per effettuare i controlli dei depuratori dei Comuni, e, qualora riscontrate delle irregolarità, oltre a sanzionarli, intimarli nell’immediato al ripristino dei depuratori previa ulteriore verifica. Non possiamo comunque assistere al balletto delle responsabilità”.
Ognuno deve fare la sua parte. “Tale situazione - si aggiunge - negli anni ha causato una emorragia di presenze di chi sceglieva di trascorrere le vacanze nelle nostre località turistiche. Riteniamo che i responsabili siano esautorati da qualsiasi incarico predisponendo per il futuro una programmazione e, se necessario, alla costituzione di un organo ispettivo regionale in sinergia con la Guardia Costiera, considerata la inaffidabilità e la compiacenza degli uffici dell’Arpacal, così come evidenziato dalla magistratura, affinché i Comuni si attengono al rispetto delle norme in materia di inquinamento delle acque reflue”.

Infine una ultima considerazione, ma non per importanza: “La querelle che vede, da una parte i Comuni di Acquappesa e Guardia Piemontese e la Regione e dall’altra la Sateca ex gestore, mette in risalto l’inettitudine e l’impegno che riusciamo nel distruggere settori produttivi. In questo caso, una realtà turistica termale, fiore all’occhiello nel panorama nazionale, in spregio alle gravi conseguenze economiche per 250 famiglie e per il tessuto commerciale. Ancora una volta ha vinto il “principio” e non la “responsabilità” di derogare l’appalto alla Sateca in attesa di indire il bando per la nuova gara di appalto. Un appello sentiamo di fare al Prefetto di Cosenza, considerato l’assordante silenzio su vicende che indeboliscono ulteriormente il tessuto economico e occupazionale del nostro territorio”.

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