Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

“Il Re del pesce” Franco Muto ha sempre diretto gli affari della cosca di Cetraro

I giudici della Corte d’appello spiegano perché Franco Muto non ha mai perso la guida del clan Muto

Franco Muto

Negli anni ’60 Franco Muto «muoveva i primi passi del percorso criminale una volta trasferitosi da Cosenza ad Acquappesa prima e a Cetraro poi e da subito caratterizzatosi come «uomo temuto dagli onesti cittadini e rispettato dai malavitosi». A delineare la figura del “Re del pesce” è stata per la prima volta una sentenza della Corte d’Assise di Bari del 20 marzo del 1986. I giudici della Corte d’Appello di Catanzaro nelle motivazioni della sentenza di secondo grado dello scorso maggio spiegano perché hanno condannato Franco Muto a 20 anni di carcere per mafia.
La Corte d’appello (diversamente dai giudici di primo grado) riconosce il ruolo di capo del “Re del pesce” anche facendo riferimento a diverse sentenze del passato e ai verbali dei collaboratori di giustizia. Una stessa sentenza del Tribunale di Paola del 2014 stabiliva che Franco Muto, nonostante fosse stato ininterrottamente detenuto dal 1992 al 2003 avesse continuato a gestire gli affari della cosca. Lo avevano riferito anche diversi pentiti, ritenuti credibili, che avevano più volte ribadito come «l’anziano fondatore del gruppo criminale, tramite il figlio Luigi, aveva mantenuto il controllo della cosca e conseguentemente del mercato ittico». La situazione sembrava essere cambiata nel 2018 quando i giudici del Tribunale di Paola hanno messo nero su bianco che Franco Muto non era più il capo del potente clan del Tirreno cosentino.

Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria

Caricamento commenti

Commenta la notizia