I boss "depressi". La casa di cura "Villa Verde", posta alle porte di Cosenza, è stata secondo la procura distrettuale antimafia di Catanzaro, il luogo scelto dagli 'ndranghetisti per trascorrervi lunghi periodi di "comoda" detenzione. La scusa per accedervi era mostrarsi affetti da forme depressive che rendevano la reclusione carceraria insostenibile. E la patologia scelta da boss e picciotti per sfuggire alla puzza delle celle era la "depressione maggiore". Di ciò che avveniva nella struttura sanitaria privata cosentina hanno parlato, a più riprese, due collaboratori di giustizia che vi hanno a lungo soggiornato: Andrea Mantella, azionista e leader del clan vibonese dei piscopisani e Samuele Lovato, esponente della cosca Forastefano di Cassano e Sibari.
Per effetto delle loro dichiarazioni e delle susseguenti e articolate indagini condotte dagli inquirenti sono finiti sotto processo sanitari e professionisti dell'area centrosettentrionale della regione. Il pm antimafia Stefania Caldarelli ha chiesto pesanti condanne per gli imputati: 10 anni per Luigi Arturo Ambrosio, medico e legale rappresentante al tempo dei fatti di "Villa Verde"; 9 anni Franco Antonuio Ruffolo, psicologo in servizio nella clinica; 5 anni per il medico Gabriele Quattrone; 4 anni e 6 mesi per Caterina Rizzo, moglie di Antonio Forastefano, ex pentito e capocosca dell'omonimo clan. Il collegio difensivo degli imputati - che respingono ogni accusa e devono essere considerati innocenti fino a sentenza passata in giudicato - è composto dagli avvocati Enzo Belvedere, Carlo Monaco, Anna Maria Domanico, Nicola Rendace, Franco Sammarco e Innocenzo Palazzo.
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