Nessun ordine di morte partì dal “tribunale” della ‘ndrangheta: parola di capobastone. Non furono i boss di Cosenza e Rende a ordinare la eliminazione di Denis Bergamini. La tragica fine del calciatore, al contrario, incuriosì pesci piccoli e grandi delle cosche che cercarono di capire cosa fosse accaduto sulla Statale 106 ionica. È quanto hanno rivelato ai magistrati inquirenti i collaboratori di giustizia Franco Pino, Franco Garofalo, Peppino Vitelli e Nicola Belmonte. Nessuno, tra boss e picciotti, aveva alcun interesse, infatti, a far fuori l’atleta rossoblu. L’ex capobastone Pino ha raccontato di partite “aggiustate”, di pressioni sui presidenti di alcune squadre, ma nulla che avesse a che fare con il beniamino della tifoseria bruzia. Franco “occhi di ghiaccio” riferisce del versamento annuale di abbonamenti e di 30 milioni di lire da parte della società rossoblu alla criminalità cosentina. Svela di strani “accordi” fatti con l’Avellino e il Pescara per evitare retrocessioni ma non c’è nulla che riguardi neppure da lontano Bergamini.
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