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Gratteri: dopo le minacce lavorerei di più. Inaspettato il ricorso contro Bombardieri

Nicola Gratteri

«I miei uffici sono stati sempre aperti a chi volesse denunciare o raccontare i propri drammi, e in particolare a Catanzaro una volta alla settimana incontriamo usurati ed estorti. E lo facciamo dal 2016». Risponde così Nicola Gratteri alla domanda se fosse sorpreso della vicinanza che gli viene dimostrata dalla gente dopo l’annuncio di un altro progetto di attentato ai suoi danni. Per venerdì, a Catanzaro, è in programma una grande manifestazione di solidarietà verso il suo operato. Gratteri nel pomeriggio di oggi ha partecipato a Cosenza alla presentazione del libro del suo sostituto Alessandro Riello, un romanzo giallo dal titolo «Delitto in contropiede», edito da Pellegrini.«La gente col tempo si affeziona, perché in tanti hanno avuto riscontro dopo le loro denunce - dice Gratteri - hanno fiducia, credono nella bontà di quello che stiamo facendo e prendono posizione. Dopo queste minacce, se fosse possibile, lavorerei ancora di più - ha aggiunto il magistrato antindrangheta - e sto pensando a tante cose, ma non a prendere decisioni».

Ricorso contro Bombardieri

Sull'annullamento da parte del Consiglio di Stato della nomina di Giovanni Bombardieri a capo della Procura di Reggio Calabria, Gratteri ha detto: «Mi spiace tantissimo, è una cosa inaspettata. Non sapevo neanche del ricorso». Bombardieri è stato a lungo collega di Gratteri. Alla domanda relativa ad una possibile riconferma di Bombardieri da parte del Csm, Gratteri ha detto «ma certamente, ci mancherebbe altro».

Magistrati Sudamerica a rischio ogni giorno

Nicola Gratteri, sollecitato dai cronisti sulla nomina di Melillo a capo della Direzione nazionale antimafia, carica per la quale anche lui concorreva, ha risposto: «A queste domande non rispondo». Ma ha poi commentato la morte di Marcelo Pecci, magistrato del Paraguay, ma di origine italiana, che si batteva contro i narcos e che è stato ucciso ieri su una spiaggia della Colombia, dove era in luna di miele. «Purtroppo non è una novità, quando ero in Colombia ogni mese e mezzo hanno ucciso 7 magistrati - ha detto Gratteri - e poi hanno dovuto costruire un muro spesso un metro e mezzo, come recinto al tribunale di Bogotà, dove agli uffici fuori della porta non c'è il nome, ma solo un numero. E gli interrogatori vengono fatti attraverso un vetro-specchio, che fa vedere solo da un lato, e viene cambiato anche il timbro di voce di chi fa le domande, senza la firma del magistrato». «Io sono stato di casa a Bogotà, Cartagena e Santa Marta e so - ha concluso Gratteri - questi grandi magistrati, che mettono a repentaglio la loro vita ogni giorno, che lavoro fanno. E per pochi soldi».

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