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A Filadelfia il monopolio degli Anello: “Forte vocazione imprenditoriale”

Le motivazioni della sentenza. Il boss dialogava alla pari con i Mancuso e gli Alvaro: «Io non sono come gli altri»

Rocco ANELLO

Alla singola posizione di Rocco Anello il giudice Francesco Vittorio Rinaldi dedica circa 150 pagine delle oltre 2200 in cui sono riportate le motivazioni della sentenza emessa all’esito del rito abbreviato del processo scaturito dall’inchiesta “Imponimento”. Condannato a vent’anni di reclusione, al boss di Filadelfia venivano contestati ben 32 capi d’imputazione. A partire dall’accusa di associazione mafiosa.
Secondo il giudice «è emersa la direzione e organizzazione delle numerose e variegate attività (“lecite” e illecite) della cosca, la quale ha mostrato (…) una forte vocazione imprenditoriale. È stata infatti documentata l’infiltrazione, mediante l’imposizione, della cosca Anello nella gestione di villaggi turistici, nell’esecuzione dei lavori per la costruzione di opere di opere private o pubbliche, nell’aggiudicazione dei lotti boschivi». Il seguito è ancora più eloquente: «Non vi è settore nel territorio nel quale la cosca Anello non abbia dimostrato di essere coinvolta».

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