Nefropatici in dialisi destinati dalla Presila casalina a San Giovanni in Fiore (ad un’ora di distanza dalla propria abitazione); altri, invece, dall’area parentese del Savuto al reparto di piazza Amendola a Cosenza, struttura “datata”, dove, peraltro, si effettuano tre turni giornalieri l’ultimo dei quali è previsto alle 22 con disagi facilmente immaginabili (specie in assenza di servizi di trasporto pubblico). Sono solo alcune segnalazioni che giungono al nostro giornale da parte di familiari che, già in apprensione per i propri cari in terapia e che continuano a protestare per la chiusura “immotivata” del reparto Dialisi del “Santa Barbara” di Rogliano, centro modernissimo dotato delle tecnologie più avanzate.
«A distanza di quattordici anni dal trapianto – racconta, per esempio, un paziente – sono, purtroppo, ripiombato nel baratto, dovendo nuovamente ricorrere alla dialisi in quanto il rene non è più funzionante. Ribadendo il mio più sentito ringraziamento al personale medico che si è sempre distinto per gentilezza e disponibilità – specifica ancora il paziente – sono qui a pormi delle domande relativamente alla gestione, pressoché assurda, di questa terapia salvavita che, in quanto tale, dovrebbe essere somministrata con una ratio assolutamente diversa. Non è normale - prosegue -, per una persona malata, di per sé provata, doversi recare per effettuare una dialisi a San Giovanni in Fiore, esattamente ad un’ora di distanza dalla propria abitazione, oltretutto, ricorrendo necessariamente all’ausilio di un’associazione che si occupa del trasporto a pagamento».
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