Le convulsioni della storia recente del sistema salute si ritrovano nella bolgia del Pronto soccorso dell’“Annunziata” dove si agitano ombre inquiete tra battaglia e paura, speranza e disperazione. Una maledizione per medici e infermieri, gli stessi celebrati eroi del Covid che adesso combattono contro un altro nemico molto più severo e atroce: quello dell’impossibilità di assicurare risposte a tutta quella gente che arriva da ogni angolo del Cosentino in cerca di cure e assistenza. stanze impregnate di dolore. Ogni giorno ne passano a centinaia e finiscono tutti lì, schiacciati tra quelle mura, tutti insieme, quelli che stanno messi peggio e quelli che stanno messi meglio. Un assedio ininterrotto (di giorno e di notte) che finisce per pesare poi sul lavoro di quei pochi medici che si alternano davanti a tutta quella gente. Una trama che rivela lo scenario controverso che costringe, inevitabilmente, a vigilare sulla capacità di risposta della prima linea dell’ospedale più grande della provincia dove l’emergenza perenne ha cancellato la possibilità di garantire i livelli essenziali di assistenza.
Un disastro innescato da un servizio di medicina del territorio che per tredici lunghi anni è rimasto una promessa riciclata e beffa puntuale lasciata sulle spalle dei commissari che si sono alternati alla guida di una Asp enorme. I manager si sono ritrovati perennemente impegnati nell’inutile tentativo di chiudere le falle all’interno di una rete colabrodo tra reparti ridotti a accorpati, piccoli presidi cancellati, tagli indiscriminati di posti letto, rinuncia a medici e infermieri tra pensionamenti e fughe verso le strutture private. Una sofferenza del sistema sanitario pubblico che rischia di creare disuguaglianze sociali con un diritto alle cure che non è più garantito a tutti. Proprio la carenza cronica di personale medico e paramedico non ha consentito di mantenere sani e forti gli ospedali sopravvissuti alle sforbiciate in questi mesi di grande pressione.
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