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Pronto soccorso di Cosenza, sanità sotto assedio

Pazienti in coda all’“Annunziata” perché i reparti della degenza sono senza posti letto. Attese a... tempo indeterminato

Il Pronto soccorso si stringe come una insidia tenace nella solitudine di una sanità che in Calabria è soffocata dalle mille emergenze. È la pietra d’inciampo per i malati che ogni giorno passano da quelle stanze. Da quel luogo di drammatica sofferenza si leva costantemente un soffio caldo e malato che piega la resilienza dell’intero ospedale. E tra quelle mura, con un due soli medici per turno (che diventano tre grazie al primario Pietro Scrivano che scende a visitare per dare sollievo ai colleghi), un manipolo di infermieri e operatori sanitari, restano ammassati uomini e donne che arrivano dai luoghi più diversi di questa sterminata provincia, luoghi vicini e lontani dove ogni genere di malattia li riempie, piegando i loro corpi.
Sono tutti lì, su letti e barelle in attesa che si liberi un posto in reparto tra la paura dei più anziani di non farcela e la determinazione dei più giovani a sopravvivere. Devono passare tutti dal Pronto soccorso, dopo il triage. Devono restare tutti in quella terra di mezzo ridotta a una cruna sempre più ristretta, tra speranza e disperazione. A volte, si aspetta inutilmente un letto libero che non può arrivare perché c’è una lista d’attesa troppo lunga. E quando la coda diventa a... tempo indeterminato, c’è chi si arrende, tornando a casa e riprovando dai privati o allontanandosi dalla Calabria.
Il nuovo commissario dell’Azienda ospedaliera, Vitaliano De Salazar, ha inquadrato la diagnosi e prescritto la terapia: «Serve una maggiore organizzazione». Ecco, appunto. Serve poter riaprire quei reparti chiusi per accorpare il personale in assenza di risorse. Posti letto tagliati che potrebbero, adesso, rappresentare l’approdo dell’umanità sofferente del Pronto soccorso.

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