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Cosenza, una città nella penombra tra clan e... truffe

Nella relazione inaugurale dell’anno giudiziario il presidente della Corte d’appello evidenzia le emergenze del distretto. La Procura cittadina soffocata dalla lotta ai raggiri, il Tribunale di Castrovillari è il più produttivo

La narrazione dell’anno giudiziario nella Calabria più settentrionale è assai simile a quella che si racconta nel resto della regione. Una prosa che si unge, inevitabilmente, del male che segna la rotta di questa terra, un luogo marchiato a ferro e fuoco dalle storiche cosche. Un libro che si apre con i capitoli descritti dalle investigazioni della Procura distrettuale antimafia, guidata da Nicola Gratteri. Trame che annodano attorno allo stesso filo la conquista del Nord dell’Italia con il forcipe del terrore. Lassù comanda la stessa aristocrazia della Cosa nostra calabrese, gli stessi voraci casati della mafia delle ’ndrine che hanno esteso i loro possedimenti dopo essersi divorati ogni centimetro di questa terra. Clan storici che si combinano con i feudatari che governano sui mandamenti del Cosentino. Uno scenario in simbiosi con i rapporti investigativi, saldata a documenti e approdi giudiziari, confermata da un esercito di collaboratori di giustizia.

I crac di Cosenza

La provincia galleggia nel difficile equilibrio in mezzo a crimini mafiosi e illeciti contro la pubblica amministrazione. I Tribunali s’intasano con inchieste che scoperchiano periodici illeciti arricchimenti, bancarotte e reati societari. È la storia del Cosentino, abituata a fare i conti con un tessuto imprenditoriale parassitario che trae illecitamente vantaggio da erogazioni o finanziamenti pubblici, attraverso la costituzione di società che nascono e muoiono con un destino segnato essere rapidamente destinate alla bancarotta, previa distrazione di tutte le attività. Il capo dei pm di Cosenza, Mario Spagnuolo, ha evidenziato come la lotta alle truffe aggravate abbia assorbito, nell’ultimo anno, gran parte delle energie del suo ufficio.

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