Il clan Muto gestisce, da tempo, ogni attività lecita e illecita sul Tirreno cosentino. “Il pescato è cosa loro”, ma anche il traffico di droga. A metterlo nero su bianco non sono soltanto le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, ma anche diverse sentenze dei giudici che hanno confermato il dominio sulla costa tirrenica della cosca guidata dal “Re del pesce”.
In questi giorni, è alle battute finali il processo, denominato “Frontiera bis”, scaturito da un annullamento della Cassazione di una parte dei reati contestati ad alcuni degli arrestati. Ed è per questo motivo, che si sta svolgendo un nuovo processo d’appello che riguarda, in particolare, la presunta aggravante dell’associazione armata per quelli che sono ritenuti essere gli esponenti del clan Muto di Cetraro. Sul banco degli imputati ci sono, infatti, alcuni degli indagati che avevano scelto il rito abbreviato. Nei loro confronti, la Corte di Cassazione aveva annullato con rinvio la sentenza dei giudici di secondo grado in particolare in merito al capo di imputazione che riguardava l’associazione. Tra questi c’erano pure la moglie, i figli e il genero di Franco Muto, alias “il Re del pesce”.
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