La crisi continua ad infiltrarsi nelle nostre vite, attraversando i cunicoli dei luoghi umani con arroganza, dentro e fuori le case. Cosenza resta l’unica delle cinque sorelle calabresi a galleggiare nella penombra dei numeri che la inchiodano saldamente alla zona rossa. È evidente che al di là del colore, la sostenibilità della spesa familiare vacilla da mesi, seriamente compromessa da una inflazione in frenata ma solo in apparenza. Il raffreddamento delle quotazioni di luce e gas ha dato l’illusione di una crescita sfumata ma, nella realtà, il carrello della spesa continua ad appesantirsi nell’economia domestica. Non c’è stata, dunque, quella convergenza verso l’obiettivo di alleviare la sofferenza delle famiglie. La fotografia di marzo rilasciata dall’Istat e rielaborata dall’Unione nazionale consumatori rivela rotte più marcate all’interno delle disuguaglianze sociali in una regione piegata dagli effetti dell’economia bellica dopo che a fatica stentava a riemergere dallo choc pandemico. Cosenza chiude il mese di marzo con un dato generale dell’inflazione che si assesta al +8,1%, contro una media nazionale che si ferma al +7,6% e a un dato regionale pari al +6,9% (Catanzaro e Reggio hanno chiuso a braccetto al +5,9%). In un anno (da marzo 2022 a marzo 2023), in media, una famiglia cosentina ha dovuto spendere 1.513 euro in più. Un esborso aggiuntivo che sale a 1.849 per una famiglia di tre persone e tocca i 2.109 euro in più in caso di quattro conviventi sotto lo stesso tetto.
L’allarme dei consumatori
Nella città più nascosta, quella gravida di odori e di miseria, cresce il popolo di uomini e donne curvati e piagati dalla sofferenza e dall’indifferenza. L’altra Cosenza, quella che si impasta in un miscuglio di lingue, di vite in cammino, di anime in pena, il carovita moltiplica il popolo di invisibili che nessuno osa censire, un popolo che fatica a sopravvivere nelle periferie sociali più remote, nel petto profondo di un disagio che non è più anonimo. In una terra sofferente e depressa come la nostra, ormai, si campa alla giornata con quel poco che si riesce a portare a casa. Per sopravvivere. Per sfamarsi. Per non morire di stenti. Il momento più difficile è diventato quello della spesa alimentare perché questa è la città con i rincari più alti d’Italia. Un fenomeno anomalo che il responsabile dell’Ufficio studi dell’Unione nazionale consumatori, Mauro Antonelli, prova a spiegare. «Purtroppo, come al solito, Cosenza presenta un dato anomalo per i prodotti alimentari con una inflazione del 18,6% contro un dato italiano che si ferma al 13,2%. A questo punto chiediamo un intervento del sindaco affinché convochi un tavolo con rappresentanti delle imprese commerciali e dei consumatori per cercare idee, proposte idonee a calmierare i prezzi il cui costante aumento dei prezzi si riflette sul potere d’acquisto delle famiglie. Bisogna aggredire le quotazioni dei prodotti più essenziali per la nostra alimentazione in maniera tale da raffreddare l’inflazione pur mantenendo un margine di profitto per le imprese. Questo dato sul cibo più caro d’Italia a Cosenza non può passare inosservato e soprattutto in assenza di un intervento da parte dell’autorità pubblica. Il costo di gas e luce è in frenata anche se gli ultimi interventi del governo non sono stati in linea con la politica degli sconti per famiglie e imprese».
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