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Salvatore Maritato, il mancato bersaglio e la vecchia condanna

La mancata vittima. Salvatore Maritato, 60 anni, finì in manette nel 2007 per una estorsione contestata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro nell’ambito della maxinchiesta "Omnia". Si trattava della prima grande spallata data dalla magistratura inquirente distrettuale alla cosca guidata da Antonio Forastefano, detto “il diavolo” boss che aveva affrontato e vinto (in quella fase) la guerra di mafia contro la criminalità nomade riconducibile alla famiglia di Franco Abbruzzese, inteso come “dentuzzo”. Finito in manette, il boss che era stato pure autore di alcuni efferati omicidi, decise di collaborare con la giustizia. Una scelta che successivamente apparve ai pubblici ministeri “anomala” tanto che gli venne revocato il programma di protezione.
Salvatore Maritato, indicato come vicino ai Forastefano, venne condannato in primo grado a 10 anni di carcere ma la pena fu poi ridotta a 4 e divenne definitiva nel 2013. Uscito dal processo e scontata la condanna Maritato non è più incappato nelle maglie giudiziarie. Nella Sibaritide, però, basta poco per finire sotto terra. Quest’area della Calabria settentrionale è governata da una “supercosca” formata da ‘ndranghetisti e zingari che non tollera alcun tipo d’interferenza. La catena di delitti compiuti dal 2018 ad oggi ne è la più evidente conferma. La “firma” balistica di molti fatti di sangue è sempre la stessa: l’Ak 47 il fucile d’assalto più usato e famoso del mondo. La stessa arma utilizzata l’altra sera contro la moglie del sessantenne.

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