L’“Annunziata” resta il centro di gravità di un piano di rientro che in tredici anni ha trasformato il concetto di sanità pubblica: non più un diritto sacrosanto da garantire a tutti i cittadini ma un privilegio per i più fortunati. Nel Cosentino, i manager scelti per il rilancio del sistema salute hanno idee lungimiranti, conoscono metodi efficaci per rimettere in moto l’assistenza, ma ciò che manca è il carburante. Il loro è un compito impossibile perché sulle loro Aziende viene rovesciato meno denaro per poter rendere nuovamente produttivi i servizi assistenziali. I budget di oggi sono conseguenza di una visione miope di chi ha governato nel passato senza prevedere percorsi di crescita della qualità dei servizi offerti. E così capita che ogni provvedimento di riorganizzazione per ottimizzare le risorse umane si trasforma in inciampo, l’innesco di un malessere collettivo. La storia ci riporta nel reparto di Ginecologia e Ostetricia, lo stesso che dal primo febbraio era stato ampliato con una appendice di una dozzina di posti al piano inferiore per contenere, in quel periodo, l’esodo di gestanti da tutta provincia. Una fase emergenziale che si è chiusa a giugno, col reparto che è tornato nella sua tradizionale collocazione con 44 posti letto per la degenza, tra ostetricia e ginecologia. Una scelta determinata dalla necessità di garantire una assistenza migliore alle pazienti a causa della perdurante carenza di personale sanitario. I disagi legati al ricongiungimento delle aree di degenza sono stati evidenziati, in particolare, da quelle degenti che si sono ritrovate ospitate in stanze improvvisamente affollate. Il problema è che dalla provincia continuano ad arrivare casi gravi ed altri meno gravi che finiscono per intasare un reparto che ha i medici contati. Del resto i posti letto vanno proporzionati al personale in servizio. E non si può non tener conto dell’imminenza delle ferie estive, diritto sacrosanto da assicurare a un personale sfiancato.
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