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San Lucido, operazione “Affari di famiglia”, regge l’impianto accusatorio

Il Tribunale del Riesame lascia in carcere Calabria, Tundis e Arlia. Ancora tra le sbarre pure Manfredi e La Rosa

Regge l’impianto accusatorio di “Affari di famiglia”. Rimangono in carcere Pietro Calabria e Andrea Tundis i principali indagati dell’inchiesta della direzione distrettuale antimafia.
Il Tribunale del Riesame si sta determinando, anche se annullando qualche capo d’imputazione, in questi giorni a riguardo delle posizioni relative ai destinatari delle misure applicate dal Gip del Tribunale di Catanzaro.
In carcere restano anche Pino Calabria, Luciano Bruno e Marco Manfredi. Seppur con qualche modifica rispetto alle accuse iniziali è stato rigettato pure il ricorso di Gianluca Arlia che rimane tra le sbarre.
Il Tribunale del Riesame non ha accolto nemmeno il ricorso di Giuseppe La Rosa (in carcere).
Viene quindi confermato quel quadro indiziario principale sull’esistenza di una cosca di ’ndrangheta Calabria-Tundis attiva nel territorio compreso tra Paola, San Lucido, Longobardi e Belmonte Calabro. Circostanza dell’esistenza di una ’ndrina che viene rafforzata dalle testimonianze dai collaboratori di giustizia.
Passa invece dal carcere ai domiciliari Andrea Alò, mentre Francesco Serpa che era ai domiciliari avrà l’obbligo della firma presso l’autorità giudiziaria.
I giudici hanno anche rigettato le richieste dei difensori per le posizioni di Gianluca Ambrosi (obbligo di firma) e Francesco Lenti (divieto di dimora a Paola e San Lucido). Mentre a riguardo di Paolo D’Amato il Tribunale del Riesame ha annullato l’ordinanza e rimesso in libertà l’indagato difeso dall’avvocato Francesco Sapone (era assegnato ai domiciliari).
E viene revocata anche la misura a carico di Albino Sammarco (aveva l’obbligo di firma).

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