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Cosenza, case famiglia in tilt tra nuove norme e scarse risorse

I ritardi nel pagamento delle rette e la riforma del regolamento gettano un’ombra sinistra sulle imprese sociali provinciali

Non basteranno dieci, cento mille bombole d’ossigeno, ormai, per dar respiro alle strutture d’accoglienza per minorenni e per donne in difficoltà. La situazione già di per sé preoccupante è aggravata sia dalle mancate erogazioni delle rette da parte della Regione (ma questa non è una novità) che dalla riforma d’un regolamento che non promette niente di buono e che getta un’ombra sinistra su queste imprese sociali alle quali lo Stato ha affidato un compito delicato, delicatissimo, ma – per ironia – poco riconosciuto. Strana cosa il “welfare” in questa provincia dai mille problemi, in cui proprio il “welfare” ne rappresenta l’indice. Tutti ne parlano del welfare”, tutti ne disquisiscono con paroloni altisonanti che ne svuotano, ne sminuiscono il significato. Ché chiamarlo stato assistenziale o meglio ancora stato sociale comporterebbe responsabilità, impegno, dedizione da parte degli apparati della burocrazia costantemente impegnati – non tanto e non solo nella ricerca di parole esotiche ma anche – a ravvisare regolamenti, codici e postille capaci di complicare quel che già di per sé facile non è. Così, in un coacervo di circostanze magmatiche, mutevoli, evanescenti i gestori delle strutture bruzie si ritrovano, costantemente, non solo a fare i conti con le continue assenze di risorse ma anche con un futuro incerto, talmente incerto da cancellare in modo radicale (o più ottimisticamente ridurre in modo drastico) il settore. Una previsione catastrofica ma sorprendentemente aderente al vero, visto che «alcune strutture d’accoglienza – rimarcano dal coordinamento delle case famiglia bruzie – non hanno ancora ricevuto le spettanze del 2022 e del 2021. Senza contare che – viene evidenziato – il periodo di crisi determinato soprattutto dall’aumento delle tariffe di gas e energia elettrica imporrebbe anche l’anticipo delle risorse per l’anno in corso. Circostanza resa quasi impossibile dal fatto che i Comuni finora non hanno chiesto la documenta necessaria».

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