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Cosenza, l'agguato in via Giulia e la rapina fallita sulla Ss 107: il pentito Porcaro svela le trame delle cosche confederate

Estorsioni, prestiti privati, rapporti con l’imprenditoria, gerarchie dei clan, stipendi pagati ai picciotti: depositati i verbali

Roberto Porcaro

La novità, se di novità si vuol parlare, alla riapertura del processo “Reset” è rappresentata – non tanto dalla costituzione di parte civile dei Comuni di Cosenza e di Rende ma – dal deposito dei verbali del mammsantissima Roberto Porcaro. Verbali che rappresentano – benché infarciti di omissis – una fonte genuina per ricostruire le trame criminali e gli organigrammi degli ultimi dieci anni delle ’ndrine bruzie. L’ex boss e braccio destro di Francesco Patitucci racconta affiliazioni e cursus (dis)honorem dei “compari”. Racconta, anche, dei contrasti all’interno dei clan. Contrasti che avrebbero dovuto e potuto far scorrere sangue sulle strade cosentine.

L’agguato in via Giulia

C’è per esempio la saga con Salvatore Ariello col quale, racconta Porcaro, venne evitata una mattanza in via Giulia a Cosenza. In quell’occasione Porcaro, Luigi e Marco Abbruzzese, convocarono un picciotto per regolare i conti di un’estorsione. Questi si presentò all’appuntamento accompagnato da Salvatore Ariello, Antonio Illuminato e Massimo D’Elia. I tre arrivarono a bordo di tre scooteroni e discussero con Marco Abbruzzese precisando d’essere armati e pronti allo scontro. Da quel che emerse l’estorsione l’avevano autorizzata Ariello e Illuminato. Una circostanza che Roberto Porcaro non digerì e iniziò a covare vendetta. Il giorno sarebbe arrivato di lì a poco se non fosse stato arrestato.

Illuminato doveva morire

Il mammasantissima discusse dello “sgarro” con Francesco Patitucci. Lo fece nel dicembre del 2019. Il padrino – secondo quel che emerge dalle carte – gli promise soddisfazione: Ariello sarebbe stato rimproverato a dovere e avrebbe dovuto «vendergli» Illuminato. In altre parole lo avrebbe dovuto attirare in una trappola e a farlo fuori avrebbero provveduto proprio Patitucci e Porcaro. Il piano non andò a buon fine per l’arresto, qualche giorno più tardi, di Porcaro.

La fallita rapina sulla Ss 107

Il mammasantissima passato nelle file dei pentiti racconta anche di una fallita rapina a un portavalori. Il colpo – al quale avrebbero partecipato Roberto Porcaro, Adolfo Foggetti, Alberto Superbo e Daniele Lamanna – era stato organizzato da Renato Piromallo e Umberto Di Puppo. L’operazione fallì perché i carabinieri ritrovarono il mezzo pesante, rubato qualche giorno prima, che sarebbe dovuto servire, si presume, per speronare il portavalori.

Le mogli dei capi

La signora Patitucci era donna di ’ndrina. A seguire le dichiarazioni di Porcaro, Rosanna Garofalo non solo era affiliata al clan ma ne seguiva anche le dinamiche criminali e aveva potere decisionale anche sulle economie del gruppo. Il pentito riserva poi parole di biasimo anche per l’ex moglie Silvia Guido, la quale mostrava disinteresse per i suoi affari criminali, salvo poi – racconta – successivamente al suo arresto non solo «mantenne rapporti criminali con Antonio Illuminato» ma si recava con una certa costanza a riferire fatti in casa di Francesco Patitucci.
Il telefono sicuro Porcaro possedeva (con l’account “Immortale”) un telefono Sky Ecc lo stesso usato da tutte le organizzazioni criminali.

Il caso Manna-Petrini

Il pentito Porcaro sostiene di avere consegnato egli stesso trentamila euro per corrompere il giudice Marco Petrini che doveva giudicare Francesco Patitucci per l’omicidio di Luca Bruni. Il pentito indica luoghi e circostanze tirando in ballo l’avvocato Marcello Manna e l’avvocato Luigi Gullo. Porcaro aggiunge inoltre di aver partecipato alla strategia processuale attuata per scagionare lo stesso Patitucci pure dal duplice omicidio Lenti e Gigliotti facendo dichiarare colpevoli Gianfranco Bruni e Gianfranco Ruà. I due ergastolani resero confessioni in aula, lo scorso anno, cambiando la dinamica dei fatti per smentire i pentiti e scagionare il padrino rendese.

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