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'Ndrangheta, le mire espansionistiche di Nicolino Grande Aracri in Sila: "I cosentini lì non ci devono mettere piede"

Nicolino Grande Aracri

Le mire espansionistiche di “mano di gomma”, Il superboss, Nicolino Grande Aracri intercettato l’8 novembre del 2012 nella sua casa di contrada Scarazze a Cutro, dice ai suoi uomini che San Giovanni in Fiore, Lorica e Camigliatello sono sotto la sua “giurisdizione” e spiega: «I cosentini lì non ci devono mettere manco piede... proprio per niente...». E aggiunge: «I cosentini non contano niente... anzi sai cosa faccio? Li faccio chiamare tutti quei quattro cosentini e gli dico... vedi che voi non comandate niente». Parole di padrino. Parole pesanti che rimbombano sinistramente nelle orecchie di Francesco Patitucci, boss di Rende e livello assolutamente apicale delle cosche “confederate” cosentine. Roberto Porcaro, che gli è stato per anni fedelmente al fianco, racconta al pm antimafia di Catanzaro, Vito Valerio, che le affermazioni di Grande Aracri hanno turbato e offeso il suo ex “capo”. I cosentini la Sila l’hanno sempre considerata cosa loro; vi hanno impiantato interessi solidi, nascosto i cadaveri delle vittime della lupara bianca, trascorso lunghi periodi di latitanza e progettato persino “colpi” in danno di furgoni portavalori. E pure di uno di questi “colpi” parla diffusamente Porcaro descrivendone la perfetta organizzazione che prevedeva un appoggio logistico in casa di Erminio Pezzi e la dotazione di giubbotti antiproiettile, passamontagna, pistole e fucili mitragliatori kalashnikov. E proprio per arginare la pretesa espansionistica dei crotonesi nell’Altopiano, i clan dell’area urbana bruzia decisero di nominare un loro “referente” nella zona.

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