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'Ndrangheta a Rende, Porcaro e gli inconfessabili rapporti con la politica

Il boss pentito conosce molti segreti delle cosche “confederate” e dei contatti mantenuti con il mondo imprenditoriale

Roberto Porcaro e Francesco Patitucci

Pressioni politiche. La voce rimbomba da Roma e si riverbera negli ambienti rendesi. Indiscrezioni, rumors, raccontano di incontri e colloqui attivati nelle ultime settimane nella Capitale per evitare lo scioglimento del consiglio comunale. Voci senza fondamento? Illazioni di avversari politici? Certo immaginare il Viminale come un luogo condizionabile in un campo così delicato come quello delle possibili infiltrazioni mafiose in un ente pubblico territoriale, sembra davvero difficile. Tanto più ora che a reggerlo c’è un prefetto del livello di Matteo Piantedosi. Un “tecnico” voluto dal ministro Matteo Salvini che contro la criminalità ha mostrato sempre posizioni intransigenti. Non solo: agli Interni è sottosegretario la calabrese Wanda Ferro che ben conosce la situazione della nostra regione e le tante sfumature che la caratterizzano. Le decisioni che saranno assunte, dunque, sia in direzione di un eventuale scioglimento che di una altrettanto eventuale “archiviazione” della pratica, non potranno che essere “garantite” da personalità di questo livello.
Nel frattempo Roberto Porcaro, il boss pentito che sta collaborando con la Dda di Catanzaro, parla diffusamente degli interessi delle cosche nell’area urbana. Lo fa nei verbali depositati nel maxiprocesso “Reset”. Verbali tuttavia falcidiati dagli “omissis” e quindi suscettibili di ulteriori approfondimenti di cui capiremo la valenza - come sempre accade - solo nei mesi a venire. Considerato il ruolo esercitato dal “dichiarante” - per anni braccio destro del padrino di Rende, Francesco Patitucci - è possibile che Porcaro fornisca un apporto informativo relativo pure ai più volte ipotizzati rapporti intessuti da esponenti politici, imprenditoriali e istituzionali con le cosche “confederate”.
Il boss pentito, infatti, è in grado di offrire un quadro di lettura ampio, riferibile alla città capoluogo, a Rende, Castrolibero, Montalto, Mendicino, Cerisano, Casali del Manco, Spezzano della Sila, Camigliatello e il Savuto. Si tratta, ovviamente, solo di ipotesi fatte però in relazione alla statura criminale di Porcaro che condivideva con Patitucci molti segreti. Insomma, la curiosità che suscita l’avvio della collaborazione del malavitoso bruzio è molto legata a quello che fino adesso non ha detto. O meglio: a quello che non si legge nei verbali depositati dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.
Tra le cose che invece il “dichiarante” ha già riferito c’è quella riguardante il ruolo della mafia cosentina nello scacchiere regionale. Porcaro spiega: «Michele Di Puppo è dopo Francesco Patitucci il più importante riferimento criminale dell'organizzazione di 'ndrangheta cosentina. È stato solo grazie al suo carisma criminale, ai suoi legami con esponenti di 'ndrangheta di Rosarno ed alla considerazione che questi avevano di lui, che si è riusciti a riprendere certe questioni di ‘ndrangheta riguardanti le affiliazioni e la riapertura di un “locale” a Cosenza».
Per via dei tanti pentimenti registrati negli ultimi 20 anni, i cosentini erano visti dagli ‘ndranghetisti reggini con scetticismo.

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