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Omicidio Taranto, i racconti dei pentiti: “Non ha sparato Domenico Mignolo”

La Cassazione ha giudicato l'imputato non colpevole

Determinanti sono state le dichiarazioni dei pentiti che hanno dato una svolta al secondo processo d’Appello per la morte di Antonio Taranto. Una svolta ritenuta credibile anche dai giudici della Suprema Corte che, ieri, hanno confermato l’assoluzione per Domenico Mignolo. Mignolo, ritenuto dagli inquirenti un componente della cosca Rango-Zingari, era accusato dell’omicidio del 25enne avvenuta a via Popilia nel marzo del 2015. La vicenda processuale, scaturita da quell’assassinio, è durata sette anni con due processi d’appello e due sentenze della Cassazione. Infatti, dopo la condanna in primo grado (18 anni) e poi in secondo grado (16 anni di reclusione), la Cassazione aveva annullato con rinvio la sentenza di primo grado perché erano state evidenziate dai giudici alcune incongruenze.
Iniziò, quindi, un nuovo processo di Appello a Catanzaro nel corso del quale ci furono diversi colpi di scena. I giudici decisero di ascoltare alcuni collaboratori di giustizia. Celestino Abbruzzese, detto Micetto, modificò la versione data nel 2019 e nel corso del processo d’Appello disse che in realtà a esplodere i colpi contro Taranto fu Mario Mignolo, fratello di Domenico. Ma non fu soltanto “Micetto” a parlare dell’omicidio. Sull’argomento riferirono alcuni particolari anche altri pentiti, tra i quali Luciano Impieri e Giuseppe Zaffonte. I due collaboratori di giustizia specificarono che si trattava di particolari sul delitto che loro avevano appreso da terze persone. Anna Palmieri e Celestino Abbruzzese ribadirono ai giudici che non fu Domenico Mignolo a sparare.

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