La colpevole sottovalutazione. «L’area settentrionale della Calabria è assediata dalla criminalità. Per lungo tempo il problema è stato sottovalutato fino a quando le inchieste della Procura antimafia di Catanzaro non hanno svelato cosa cova sotto la cenere»: il segretario provinciale del Siulp, il maggiore sindacato di Polizia presente sul territorio, Ezio Scaglione, rompe il silenzio. E chiede rinforzi per combattere le organizzazioni mafiose che infestano sia Cosenza che le fasce ioniche, tirrenica e silana.
«Imprenditori piegati alle logiche del “pizzo, istituzioni territoriali spesso infiltrate, economia condizionata: non c’è un ramo della vita pubblica» prosegue Scaglione «che non risenta della nefasta presenza di cosche e faccendieri. Oggi, forse, è la prima volta che il governo nazionale ne prende finalmente atto immaginando l’apertura di nuovi presidi di polizia». Il sottosegretario agli Interni, Wanda Ferro, ha preso a cuore la situazione svelata dalle numerose indagini delle forze dell’ordine, pianificando possibili soluzioni.
«Il Cosentino ha subito nel tempo» sottolinea il dirigente nazionale del Siulp, Luciano Lupo «anche lo scioglimento in tempi diversi dei consigli comunali di Corigliano Scalea, Amantea e, in ultimo, di Rende. Si tratta di prove concrete della pervasività di cui le consorterie sono capaci, utilizzando affiliati, complici insospettabili e pure imprenditori».
Ma qual è lo stato dell’arte? Al Viminale si pensa di elevare il commissariato di Corigliano Rossano (città di 80.000 abitanti) a sede di prima fascia e di istituire commissariati nelle aree a rischio. Per esempio a Trebisacce, cittadina che domina l’Alto ionio, a San Giovanni in Fiore, posta al confine in senso geografico e d’interessi criminali tra le province di Cosenza e Crotone; a Scalea dove alla presenza della criminalità calabrese si aggiunge quella dei camorristi napoletani.
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