Il doppio giudizio. L’ex assessore ai Lavori pubblici di Rende - comune sciolto per mafia dal Governo - dovrà fare i conti con due distinti processi: il primo che comincerà il due ottobre prossimo relativo ai presunti rapporti equivoci mantenuti con esponenti delle cosche “confederate” attive nell’area di Cosenza, Rende, Castrolibero e Montalto Uffugo; l’altro invece collegato a ipotizzate vicende di peculato e ad un caso di corruzione che prenderà il via il tre di ottobre.
Le accuse di corruzione elettorale e scambio politico mafioso è contestata all’esponente di Forza Italia dalla procura distrettuale di Catanzaro, diretta da Nicola Gratteri: l’inchiesta è “Reset” ed ha portato il primo settembre dello scorso anno alla emissione di una misura cautelare nei confronti Munno. Le contestazioni mosse all’ex amministratore dal procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e dai pm antimafia Vito Valerio e Corrado Cubellotti, si basano su centinaia di intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche e sulle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia. Alla originaria schiera di pentiti presente nella monumentale indagine s’è unito, negli ultimi mesi, l’ex boss Roberto Porcaro, per lungo tempo braccio destro proprio del capobastone di Rende, Francesco Patitucci. Porcaro potrebbe aver parlato - molti dei verbali sono ancora omissati - dei rapporti avuti dalle cosche con il mondo della politica e della imprenditoria.
Il peculato e la corruzione, invece, si riferiscono alla inchiesta “Malarintha” condotta dalla Procura di Cosenza, guidata da Mario Spagnuolo.
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