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'Ndrangheta, lo strano pentimento di Ciro Nigro nel 2015 e le confessioni di Nicola Acri “occhi di ghiaccio”

 

La singolare storia di Ciro Nigro. Nel maggio del 2001 in un bar di Corigliano, viene ferito gravemente (morirà pochi giorni dopo in ospedale) Giorgio Cimino, padre dei pentiti Antonio e Giovanni Cimino. È una vendetta trasversale. Le indagini condotte dalla Dda di Catanzaro porteranno alla incriminazione e alla condanna definitiva all’ergastolo di Ciro Nigro. Nel 2015 l’uomo tenterà di iniziare una collaborazione con la giustizia ma senza fortuna. Renderà confessione e riempirà alcuni verbali. Nel 2022, stanco di celle e cancelli, tornerà alla carica rilasciando altre confessioni. Oggi le sue dichiarazioni appaiono fondamentali per ricostruire scenari criminali e fatti di sangue avvenuti nella Sibaritide a cavallo tra il secolo scorso e il nuovo millennio.
Nigro lavorava gomito a gomito con Nicola Acri, boss di Rossano (detto "occhi di ghiaccio") e come lui collaboratore di giustizia dal 2021. Acri a soli vent'anni riuscì a guadagnarsi la stima di due locali di 'ndrangheta a cui Rossano faceva riferimento: Cassano allo Ionio da una parte, rappresentato dalla cosca Pepe-Abbruzzese, nota anche come clan degli zingari, e Cirò dall'altra, diretto dalla cosca Farao-Marincola. Negli anni trascorsi schivando pallottole e manette, il giovane padrino ha mostrato doti non comuni, sia come spietato killer, che come uomo di relazioni, abile nel tenere rapporti con le varie realtà criminali dell'area. Acri ha curato i tradizionali settori degli stupefacenti e delle estorsioni e si è inserito nel tessuto commerciale rossanese, attraverso la creazione di imprese o mantenendo il controllo di aziende che, facendo leva sulla loro mafiosità, potevano imporre i propri prodotti alle imprese presenti sul mercato. Un mafioso moderno, insomma, capace di curare interessi anche in altre zone della Penisola, come l’Emilia Romagna, dove è stato poi arrestato dai carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale.
Dopo Pasquale Tripodoro e Giuseppe Cirillo, capobastoni pentitisi negli anni ‘90, Nicola Acri è considerato una delle voci dal didentro più importanti della zona centro-settentrionale ionica della Calabria. A lui si devono le riletture di molti tragici fatti di sangue tra i quali spicca la strage di Strongoli risalente al febbraio del 2000 ed in cui perse la vita anche un incolpevole pensionato, Ferdinando Chiarotti, falciato dalle raffiche dei kalashnikov impugnati dai sicari.

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