Il corpo senza vita e mai recuperato di Salvatore Di Cicco giace sotto un resort di Torretta di Crucoli nel Crotonese.
L’uomo, allora 33enne, venne ucciso dalla ’ndrangheta il primo settembre del 2001 ma fino a pochi giorni fa la sua scomparsa era stata catalogata come uno dei diversi casi di lupara bianca che si sono registrati nella Sibaritide e nel Crotonese negli ultimi trent’anni a causa delle diverse guerre di mafia che si sono succedute.
A far luce questo omicidio sono stati il Ros e i comandi provinciali dei carabinieri di Cosenza e Crotone coordinati dalla Dda di Catanzaro – diretta dal capo dei pubblici ministeri antimafia Nicola Gratteri – che hanno arrestato, lunedì mattina, Rocco Azzaro, esponente di spicco dei clan di Corigliano Rossano, Giuseppe Spagnolo e Giuseppe Nicastri personaggi di rilievo del locale di ’ndrangheta di Cirò.
Il particolare macabro sul luogo di sepoltura di Di Cicco emerge dai documenti investigativi che hanno fatto luce sull’omicidio di quel sibarita che a cavallo degli anni Duemila voleva scalare la gerarchia della cosca Abbruzzese di Lauropoli.
Le indagini hanno ricevuto un apprezzabile impulso dalle dichiarazioni degli ex piccioti che negli anni passati hanno saltato il fosso per guadagnarsi l’appellativo di collaboratori di giustizia.
Sul caso, infatti, hanno reso dichiarazioni i pentiti Ciro Nigro, Nicola Acri e Franco Bruzzese.
È stato proprio Ciro Nigro a raccontare agli inquirenti come andarono le cose.
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