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Incendio al lido di Morfò a Rossano, l’affronto con il fuoco fatto al boss tirato in ballo dal collaboratore Acri

L'affronto e la sfida. Una sfida lanciata in modo eclatante con fuoco e benzina perchè tutti vedessero e capissero. Il lido “La balera”, incendiato l'altro giorno a Corigliano Rossano, è uno stabilimento balneare riconducibile alla famiglia di Salvatore Morfò, storica figura della criminalità organizzata rossanese. Nessuno in passato avrebbe mai avuto il fegato di fargli un torto del genere. Un torto invece ora compiuto pubblicamente per dimostrare che “don Salvatore” non conta più nulla. E che, forse, qualcuno vuol fargli pagare colpe risalenti nel tempo.
Il suo sodale e alleato, Nicola Acri, sta collaborando con la giustizia e lo ha messo in mezzo nella storia d'un ragazzo, Andrea Sacchetti, fatto sparire con il sistema della lupara bianca nel febbraio del 2001. Il “compare” diventato pentito sostiene che fu proprio Morfò a ispirarne la eliminazione. Vero o falso? Saranno i processi a offrire una risposta. Certo, lo stabilimento balneare “La balera” era nel cuore di Salvatore Morfò visto che nell'agosto scorso gli era costato l'arresto: il sessantaseienne, infatti, aveva minacciato un funzionario comunale per costringerlo a non far decadere la concessione demaniale per lo stabilimento di famiglia che nel frattempo era stato dissequestrato dalla magistratura. La decisione del dipendente municipale doveva essergli suonata come un affronto “irricevibile” rispetto al quale non poteva restare con le mani in mano. Ora, vedere “La balera” addirittura annerita dalle fiamme dev'essere stato per il boss un colpo a cuore. D'altronde, per uno come lui che s'è fatto il carcere senza mai aprire bocca, un “oltraggio” del genere non può che suonare come una immeritata mancanza di “rispetto”.
Morfò venne condannato a 18 anni di carcere per concorso nell'omicidio di Gaspare Filocamo, detto “il Negus” per via della carnagione olivastra, trucidato il 16 aprile del 1991 nella città ionica nei giorni della guerra combattuta dal padrino di Corigliano Santo Carelli contro l'ex capobastone di Sibari, Giuseppe Cirillo. Filocamo era un “uomo di rispetto”, legato al tempo al vecchio capobastone della Sibaritide e quando il “mammasantissima” cadde in disgrazia, scalzato da Carelli, il "Negus" decise di rimanergli fedele. Non voleva tradire la parola data. Divenne così un obiettivo. I coriglianesi avevano stabilito, infatti, di annientare tutti i superstiti del gruppo “cirilliano”. Così, almeno, hanno raccontato sia il pentito Tommaso Russo che i collaboratori Giovanni Cimino e Giorgio Basile. Salvatore Morfò (difeso dall'avvocato Giovanni Zagarese) ha pagato per quel delitto rispetto al quale si era tuttavia sempre protestato innocente. A Filocamo, peraltro, nove giorni prima di essere assassinato, era stato fatto sparire per lupara bianca il figlio, Antonio, 29 anni, svanito nel nulla insieme con due suoi coetanei: i fratelli Giorgio e Saverio De Simone.
Dopo la condanna per concorso in omicidio, Salvatore Morfò si ritrovò di nuovo nella veste di imputato nel processo scaturito dall'inchiesta antimafia “Stop”. Il sessantaseienne è stato assolto dall'accusa di aver fatto parte di un'associazione mafiosa capeggiata appunto da lui e dall'odierno pentito Acri. Il suo nome è ricomparso tra le carte della procura antimafia nelle scorse settimane quando l'ex “alleato” diventato collaboratore lo ha indicato come presunto ispiratore dell'omicidio di Andrea Sacchetti.
Racconta Nicola Acri: «Morfò ogni volta mi insisteva su questo ragazzo… dice “Nico’, questo qua, sta vendendo, sta facendo, sta dicendo…”, gli ho detto “Salvato’, scusa ma qual è il problema?”, gli ho detto, “Perché ogni volta prendi il discorso di questo qua?”, dice “No, Nico’, questo qua è troppo vicino a Giovanni De Luca…». Quest'ultimo era il padre di Cosimo De Luca che in precedenza aveva accoltellato il figlio di Salvatore Morfò, Isidoro. Per vendetta il genitore dell'accoltellatore era stato a sua volta vittima di un agguato in cui aveva perso un occhio. Da qui, sempre secondo Acri, il timore che Sacchetti, amico di De Luca, potesse in futuro diventare un potenziale nemico. Per la morte del giovane, tuttavia Morfò non risulta al momento indagato.

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