Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Roberto Porcaro, il boss pentito di Cosenza come... Nicolino Grande Aracri, ma la Dda di Catanzaro lo “boccia”

La storia del padrino appare sovrapponibile a quella del capobastone di Cutro Nicolino Grande Aracri

Due storie parallele. E un destino giudiziario sovrapponibile. Roberto Porcaro, componente di spicco delle cosche “confederate” di Cosenza e Rende sceglie improvvisamente di vuotare il sacco. È in carcere per effetto della maxinchiesta “Reset” (350 indagati nel Cosentino) ed ha sul groppone una condanna a 20 anni di carcere per traffico di droga inflittagli dal Tribunale di Reggio Calabria.
Porcaro è considerato un boss in ascesa per via del rapporto che lo lega al capobastone rendese Francesco Patitucci, come lui finito dietro le sbarre ma per una condanna all’ergastolo (ancora non definitiva) inflittagli dall’Assise bruzia in prima istanza per un duplice omicidio risalente al febbraio 1985.
Roberto Porcaro chiede di parlare con i pubblici ministeri antimafia della Distrettuale di Catanzaro perchè vuole collaborare. E comincia così la trafila degli interrogatori: siamo nella primavera scorsa. L’ex moglie del boss e i figli non lo seguono nel percorso pseudo-collaborativo e si oppongono all’inserimento nel programma di protezione.
Il “dichiarante”, intanto, parla di cose note e qualcosa, con il trascorrere delle settimane, non convince l’allora procuratore capo Nicola Gratteri, l’aggiunto Vincenzo Capomolla e i pm antimafia Vito Valerio e Corrado Cubellotti. I primi verbali con le confessioni del boss nel frattempo vengono depositati agli atti di alcuni processi. La Procura, però, sembra non fidarsi molto di lui e appare orientata a non dare parere favorevole per l’immissione nello speciale sistema di assistenza e tutela dei pentiti. A settembre, a sorpresa, Roberto Porcaro notifica in aula a tutti che non intende continuare la collaborazione. Sceglie i tempi giusti anticipando i pubblici ministeri? Forse.

La vicenda ha un clamoroso e recente precedente: quello di Nicolino Grande Aracri, mammasantissima di Cutro. Il capobastone, molto influente anche in Emilia Romagna, nel 2021 aveva scelto di parlare. Pure nel suo caso sembrava dovesse aprirsi una strada maestra per sconfiggere la ‘ndrangheta. Le confessioni rese da Nicolino “mani u gumma” (così lo chiamano amici e nemici) si sono però rivelate fallaci. L’ultimo interrogatorio Grande Aracri l’ha reso di fronte a Nicola Gratteri che, alla fine ,s’è alzato annunciandogli la fine di qualsiasi ipotesi di collaborazione con la giustizia. “Don Nicolino” , da allora, è rimasto in carcere. Al 41 bis.

Caricamento commenti

Commenta la notizia