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Le imprese calabresi nel vortice della crisi: 1.148 chiusure negli ultimi 3 mesi

Movimprese: "Commercio e Servizi settori strategici dell’economia". Solo 1.571 nuove aperture: il dato più basso degli ultimi 15 anni. L’Istat: il rischio povertà o esclusione sociale è salito al 42,8%

La Calabria resta ai confini di tutto. I ritmi di crescita delle sue imprese sono confinati negli scenari tratteggiati da un andamento demografico che sprofonda sotto i livelli registrati negli ultimi quindici anni. Impulsi negativi che continuano a scuotere dalle fondamenta i fragili equilibri sociali ed economici. La frenata descritta nel report di Unioncamere rischia di aggravare i livelli occupazionali sempre meno virtuosi. E così, i tentativi fecondi di famiglie e imprese non bastano più. Sbattono con violenza contro gli scogli di tensioni mondiali che non aiutano e riversano negatività sui mercati. Le conseguenze sono drammatiche. L’aumento del costo del denaro amplifica le sofferenze dei bilanci domestici e delle aziende. Preoccupazioni già affiorate nel rapporto sulle difficoltà degli italiani. Il rischio povertà o esclusione sociale è salito al 42,8% in Calabria (solo la Campania fa peggio in Italia).

Ultimi tre mesi

Il trimestre descritto è quello compreso tra luglio e settembre mostra il filo spinato che la crisi affiorata nel 2022 ha reso ancora più evidente attorno alle speranze di ripresa di una economia sempre meno reattiva. Le aziende affogano nei debiti con costi energetici e di materie prime divenuti insostenibili e il rischio di finire fuori mercato. Il rapporto di Movimprese segnala un tasso di crescita delle aziende calabresi (nel rapporto iscrizioni-cessazioni) dello 0,22% contro lo 0,18% dello stesso periodo dello scorso anno. In termini assoluti il saldo tra aperture e chiusure è +423 rispetto al +332 del 2022. Complessivamente, al 30 settembre del 2023 risultano iscritte nei registri camerali della Calabria 187.728 ditte, con 160.326 regolarmente attive. Sono 1.571 le nuove imprese sbocciate (è il dato più basso registrato negli ultimi quindici anni) ma continua l’inesorabile resa con 1.148 aziende uscite definitivamente dal mercato dopo che i titolari hanno gettato la spugna. Sono i servizi che crescono di più (+0,84 con 49.194 imprese iscritte) ma lo zoccolo duro resta il commercio pur se è l’unico con un indicatore di crescita del periodo negativo (56.179 ditte con -0,01% di flessione). Gli altri settori trainanti della rete produttiva regionale sono l’agricoltura (che ha un peso di 32.029 aziende con un lieve incremento di 0,03% sul dato dello scorso anno), le costruzioni (22.321 con un +0,41%) e l’industria (con 13.359 realtà e un indice di crescita di +0,02%). aree strategiche di una produzione che, tuttavia, resta ancorata a performance poco esaltanti.

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