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Cosenza, sisma e alluvioni: il Piano “salvavita” di Palazzo dei Bruzi

Gli anziani hanno ancora negli occhi la paura. Era buio quando il Crati si gonfiò come non aveva mai fatto ed entrò nelle loro case. Acqua, tanta acqua che non si riusciva a fermare. Non lo avevano mai visto così furioso e arrogante. Eppure la sera del 24 novembre del 1959 il fiume sembrò essersi stancato del suo sonno. E così, dopo giorni di pioggia e di vento prese tutti di sorpresa e s’infilò con violenza nella pancia della città vecchia. Cosenza ha sempre vissuto con angoscia i mesi invernali. Il colle Pancrazio, le colline di Donnici, Portapiana e Borgo Partenope rappresentano le zolle più fragili del territorio cittadino in caso di maltempo. Ma non sono solo i colli a rischiare il collasso. Pioggia e vento rappresentano minacce che incombono sulla città vecchia. Preoccupa, il centro storico piegato dagli affanni e dal tempo. Ci sono palazzoni vuoti, perennemente a rischio d’infarto. E l’incubo di nuovi crolli si manifesta dopo ogni temporale. Purtroppo, quest’area è precipitata, progressivamente, nel baratro dell’emarginazione e dell’abbandono, conserva, ancora oggi le tracce di questa pesante eredità. E non è facile mettere mano sul patrimonio immobiliare privato, come spiega l’assessore Veronica Buffone. «Non è facile risalire ai proprietari attuali. Pensate, in un caso abbiamo fatto un’indagine nel tempo rintracciando l’ultimo erede di un’antica famiglia che oggi vive all’estero e che non sapeva neppure di essere entrato in possesso del bene. E, naturalmente, non ha mostrato alcun interesse a investire nel recupero dell’immobile. Ma se i privati non collaborano, non può essere certo il Comune a accollarsi l’intervento. Non abbiamo risorse per farlo». Ci aveva provato il deputato grillino, Anna Laura Orrico, proponendo per Cosenza la stessa legge già approvata per Matera, con denari destinati ai privati per il risanamento e la rigenerazione del centro storico. Ma il Parlamento la bocciò. E così il centro storico continua la sua esistenza ai margini di tutto.

Il Piano comunale

Nelle scorse settimane, il rettore emerito dell’Unical, Gino Mirocle Crisci, nel corso di un’intervista alla Gazzetta, accese i riflettori sul paradosso dei Piani di Protezione civile: «In Calabria, ormai, quasi tutti i Comuni hanno adottato il Piano di rischio. Una cosa straordinaria se non fosse che lo strumento non viene divulgato alla popolazione. Per capirci: se io sono a casa mia durante un terremoto, non so cosa fare. Non so dove dirigermi, non conosco i punti di raccolta. Purtroppo, gli enti locali considerano un adempimento di legge, non uno strumento di prevenzione per preparare la popolazione ad affrontare eventi critici. E non serve a nulla conservare in un cassetto il manuale studiato per offrire tutte le opportunità di difesa ai cittadini amministrati se ai cittadini amministrati non verrà spiegato cosa fare e come comportarsi». L’assessore Buffone, però, chiarisce: «Non siamo fermi, ve lo garantisco. C’è una interlocuzione costante con l’Unical, dopo l’approvazione in Consiglio». In pratica, il Camilab (che è il Laboratorio di Cartografia ambientale modellistica idrogeologica dell’università) sta definendo le traiettorie semplificative dell’accesso al portale comunale. In questo modo i cittadini avranno la possibilità di conoscere in tempo reale, il luogo più vicino, rispetto alla posizione, da raggiungere subito dopo l’evento calamitoso. «È essenziale informare la popolazione. Il Piano prevede oltre una robusta parte tecnica anche una sezione dedicata a formazione e informazione. In questo momento si sta lavorando per l’attuazione». Una volta definiti i punti cardinali del Piano, si passerà alla campagna di comunicazione preventiva. Una divulgazione “porta a porta”, con cartelloni pubblicitari, brochure informative, video e social, per una preparare la popolazione in caso di una calamità naturale attraverso una serie di attività inclusive, garantendo modalità efficaci per i diversi gruppi sociali e fasce di popolazione.

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