Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Avviata la strategia del carcere duro: presunti vertici delle cosche cosentine al 41bis

Resta un detenuto “normale” solo Porcaro. Il fallito tentativo di pentimento dell’uomo più vicino a Patitucci

Roberto Porcaro

La strategia del 41 bis. Adottata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro contro le figure apicali delle cosche “confederate” dell’area urbana. Basta scorrere i nomi per comprendere quale sia l’offensiva carceraria scatenata contro i vertici della “direzione strategica” della ‘ndrangheta cosentina.
La reclusione “speciale” è stata disposta con decreto del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, su richiesta della procura diretta da Vincenzo Capomolla, nei confronti di Michele Di Puppo, Mario “Renato” Piromallo, Francesco Patitucci, Adolfo D’Ambrosio, Luigi e Marco Abbruzzese, Andrea Tundis e Pietro Calabria (questi ultimi appartenenti a una presunta consorteria attiva nell’area di San Lucido).
L’obiettivo dello Stato? Isolarli dai contesti criminali di riferimento controllando le loro mosse anche dietro le sbarre. Il carcere duro era stato applicato negli anni scorsi anche nei confronti di esponenti delle cosche sibarite così come subì lungamente forti restrizioni penitenziarie il boss ergastolano e irriducibile di Cosenza Franco Perna.
Dall’elenco degli indagati dell’inchiesta “Reset” - una monumentale indagine coordinata dal procuratore Capomolla e sviluppata dai pm antimafia Vito Valerio e Corrado Cubellotti - sottoposti al regime detentivo speciale manca Roberto Porcaro. Nelle carte d’inchiesta l’uomo - attualmente ristretto nel supercarcere di Terni dopo un periodo trascorso a Rebibbia - viene indicato come una delle figure apicali della criminalità organizzata cosentina e definito una sorta di “braccio destro” del boss di Rende Patitucci. Porcaro, che è difeso dall’avvocato Mario Scarpelli, è stato condannato a 20 anni per traffico di stupefacenti dal Tribunale di Reggio Calabria e risulta coinvolto non solo nella operazione “Reset” ma anche in quella denominata “Affari di famiglia” che ha colpito i clan del Basso Tirreno. Clan nei quali avrebbero svolto - secondo i Pm - ruoli significativi proprio Calabria e Tundis nei giorni scorsi spediti al 41 bis.

Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Cosenza

Caricamento commenti

Commenta la notizia