L’industria dei botti illegali fa girare vorticosi guadagni. E nella Sibaritide parte degli introiti finiscono anche nella bacinella delle ’ndrine locali. D’altronde è cosa nota: non si muove foglia se la coppola deil mandamento non voglia. Qualsiasi attività che produca benessere deve garantire l’obolo (o, se volete, il “fiore”) a “mamma ’ndrangheta”.
I numeri della follia dei botti di Capodanno sono da capogiro: oltre dodici le tonnellate di fuochi d’artificio sequestrate nel mese di dicembre dai militari del Gruppo della guardia di finanza di Sibari nell’area jonica che si allarga tra Rocca Imperiale e Corigliano-Rossano. Oltre al mercato della droga, dunque, la Statale 106 si configura sempre più come l’arteria del malaffare. Un traffico illegale, quello al vaglio degli investigatori, con importi da capogiro: centinaia di migliaia di euro i proventi stimati ma gli stessi inquirenti dicono sia impossibile calcolare cifre o definire il prezzo di vendita al dettaglio poiché si va da botti che valgono pochi euro fino a ordigni che possono arrivare a costare anche alcune centinaia di euro.
Il primo sequestro è datato sabato 23 dicembre quando gli uomini del colonnello Giuseppe Maniglio avevano recuperato settecentomila fuochi pirotecnici ammassati senza precauzione. Una “santabarbara”, individuata in un magazzino di Villapiana, con 11 tonnellate di botti pronti a esplodere con tanto di servizio “navetta” garantito da un’auto per garantire i rifornimenti a tutte le piazze della Piana. Le fiamme gialle sequestrano tutto e denunciano un uomo che trovano nel deposito. E la ricostruzione del blitz finisce sul tavolo del capo dei pm di Castrovillari, Alessandro D’Alessio, che dispone approfondimenti.
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