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'Ndrangheta, Maestri e l’asse tra gli zingari bruzi e i “cugini” cassanesi

Il “dichiarante” viene indicato dal pentito Barone come elemento di collegamento. Il quarantaseienne aspirante collaboratore di giustizia coinvolto nelle vicende criminali registrate nell’area urbana e in Sibaritide

L'aula bunker del carcere romano di Rebibbia, a Roma in una foto d'archivio. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Gli “zingari” sott’assedio. Gianluca Maestri, 46 anni, è l’ultimo esponenti della criminalità organizzata ad aver saltato il fosso. L’aspirante collaboratore di giustizia ha gestito soldi e estorsioni per conto degli Abbruzzese di Cosenza mantenendo pure stabili contatti nel camp del traffico di stupefacenti con i “cugini” di Cassano e Sibari. Il suo è stato un ruolo delinquenziale centrale nel quadro della criminalità nomade. Se ne ha conferma dalle confessioni rese dal suo “luogotenente” Ivan Barone “azionista” di fiducia e autore di intimidazioni nell’area urbana per conto di Maestri.
Spiega il pentito: «Dopo l’operazione “Testa del serpente” del dicembre 2019 la gestione delle questioni economiche del gruppo degli zingari venne assunta da Gianluca Maestri che si occupava del traffico di droga con l’hashish e la cocaina e delle estorsioni» Maestri, secondo quanto riferito dalla “gola profonda” provvedeva pure a distribuire gli stipendi destinati alle famiglie dei “compari” detenuti e aveva un ruolo di rilievo all’interno delle cosche “confederate” cosentine per via degli stabili rapporti mantenuti con Francesco Patitucci.

Ma è nella Sibaritide che Maestri avrebbe pure sviluppato intensi rapporti. Rapporti che potrebbe svelare ora che ha deciso di collaborare con i pm antimafia, guidati dal procuratore Vincenzo Capomolla. È lì che esiste il vero cuore pulsante della criminalità nomade come svelato dalle inchieste condotte negli ultimi anni dal pm distrettuale Alessandro Riello. È in quell’area della provincia che è nata ed ha prosperato una supercosca che vede insieme gli Abbruzzese e i Forastefano. Ecco cosa racconta Ivan Barone nei verbali depositati nel maxiprocesso “Reset”: «Gianluca Maestri era in buoni rapporti con Nicola Abbruzzese, detto “semiasse”, dal quale si riforniva di droga perchè c’era un accordo tra gli Abbruzzese di Cosenza e i cugini cassanesi in questo senso». E proprio per perfezionare una estorsione organizzata contro l’azienda che collocava gli autovelox sulla 534 Barone compie una pesante intimidazione a Montalto. È una azione estorsiva che conferma i legami sempre più solifdi tra Maestri e gli Abbruzzese di Cassano. «Agii» conferma il collaboratore « su mandato di Nicola Abbruzzese di Cassano e di Gianluca Maestri».
Ma perchè la criminalità nomade è destinata a subire una nuova offensiva da parte delle forze dell’ordine e della magistratura antimafia sia a Cosenza che nella Sibaritide? Perchè Gianluca Maestri potrebbe meglio sviluppare le indicazioni di Barone che si aggiungerebbero alle rivelazioni già fatte da altri due pentiti provenienti da ex esponenti dei gruppi degli “zingari”. Si tratta di Celestino Abbruzzese, detto “Micetto” e della moglie, Anna Palmieri. Abbruzzese è un “figlio d’arte” perchè il padre Fioravante Abbruzzese, conosciuto come “banana”, è stato condannato a 25 anni di galera per omicidio proprio nell’ambito del maxiprocesso “Timpone rosso”, che ricostruiva fati di sangue avvenuti nel Cassanese.

 

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