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Dona all'amico disperato tutto ciò che ha: un materasso. A Cosenza una commovente storia di grande solidarietà

Toccante racconto di solidarietà sotto un ponte lungo il fiume Crati: si alternano sul giaciglio di fortuna tra rifiuti, topi e solitudine

C’è una storia che è molto più d’una storia. Un racconto di solidarietà tra disperati che bussa alle coscienze di tutti, inchiodandoci ai nostri individualismi ed egoismi, oltre a chiedere a ciascuno il conto per quello che facciamo finta di non vedere, pur se a due passi dall’uscio delle nostre case calde d’inverno e fresche d’estate.
Grazie ai volontari dell’Unità di strada di “Casa nostra” della Caritas diocesana scriviamo di Momo (il nome è di fantasia), giovane africano che è in Italia ormai da undici anni, epperò qui da noi non ha mai trovato una sua dimensione di uomo. Tant’è che da tempo vive sotto uno dei ponti cittadini che valicano il fiume Crati. Al gelo dell’inverno, compresi questi giorni anche perché le pendici della Sila sono lì a due passi e sembra quasi di poterle toccare, ma sono inarrivabili come i suoi pensieri di ragazzo che sogna...va una vita normale. Nient’altro.
Due volte a settimane i volontari di “Casa nostra”, così come di altre realtà del terzo settore cittadino, cattolico ma anche laico, lo raggiungono consegnandogli un pasto caldo, un po’ d’acqua e ogni tanto una coperta nuova. E soprattutto scambiando due parole con lui. Momo parla solo con gli uomini. Alle donne difficilmente rivolge la parola. Ma non è mai sgarbato, con nessuno. Chiede debolmente di sedersi un po’ vicino al suo giaciglio: «Sit down, sit down» ripete, magari raccontando della zucca che si prepara su un fornello di fortuna o del piccolo orto che nella bella stagione prova a tenere in vita lungo il fiume. E mostra le note su un piccolo libro di musica che qualche buon cuore gli ha portato sin lì. Dice anche di saper suonare una chitarra.
Innumerevoli volte le suore e gli altri operatori della Caritas gli hanno chiesto, pregandolo, di andarli a trovare in associazione anche solo per farsi una doccia e mangiare qualcosa di caldo a un tavolo. Ma Momo s’è fatto vedere solo una volta. Tornando subito dopo sul suo vecchio materasso poggiato a terra, tra rifiuti e topi che vanno e vengono anche sotto gli occhi dei volontari.
Da qualche giorno a questa parte Momo non è più sul suo giaciglio di fortuna, sommerso da coperte sotto le quali sperava di trovare un po’ di ristoro. Dorme direttamente a terra, perché sul materasso c’è un uomo di mezza età originario d’un paesino dell’hinterland cosentino e pure lui senza casa, anche se in passato accolto da più d’una cellula dell’associazionismo cittadino. Momo gli ha ceduto l’unica cosa di cui era (si fa per dire) proprietario. Non l’ha fatto sotto minacce né intimidazioni, raccontano i volontari dell’Unità di strada. È stato lui a cedergli il giaciglio, come dono a un altro disperato che soffre quanto lui. Condividendo tutto quello che aveva.
Accanto al meraviglioso gesto resta il dramma di due uomini, uno giovane e l’altro decisamente meno, che sopravvivono tra rifiuti e ratti a due passi dalle vetrine dell’isola pedonale zeppe di ogni bendidìo. Difficile pensare, e comunque impossibile da accettare, che di lui si siano accorti solo i volontari delle varie associazioni che escono da sedi e uffici per guardare in faccia la miseria, e non solo su fascicoli più o meno aggiornati.
Momo, così come gli altri senza casa che sopravvivono in strade e piazze della nostra area urbana, non hanno il coraggio e forse la forza di chiedere aiuto. Ma ne hanno disperato bisogno.
Adesso!

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