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Mangone, la pistola inceppata ha evitato il compimento di una strage

Ricostruite le fasi precedenti al suicidio del poliziotto penitenziario. Il 57enne ha sparato 2 colpi contro la moglie e il figlioletto senza ferirli, poi s’è puntato l’arma al mento per farla finita

Si è suicidato sparandosi un colpo di pistola sotto il mento. È stato questo l’epilogo della tragedia domestica che si è consumata sabato mattina, intorno alle dieci, in un’abitazione del centro storico di Mangone.
M. F. P. 57 anni, assistente capo coordinatore della Polizia penitenziaria, verosimilmente in preda ad un improvviso raptus, ha tentato di uccidere la moglie, E. S., casalinga, di una decina d’anni più giovane di lui, prima di farla finita con sé stesso. Aggredita, la donna è riuscita a guadagnare la porta di casa, con in braccio il figlioletto di cinque anni (la primogenita di circa dieci anni era a scuola). Per fortuna, non sono stati attinti dai ripetuti colpi d’arma da fuoco esplosi contro di loro. Sono in corso indagini da parte dei carabinieri del comando provinciale di Cosenza, con il coordinamento del procuratore capo della Repubblica, dottor Mario Spagnuolo, per giungere alla esatta ricostruzione dell’accaduto, che ancora presenta qualche aspetto da chiarire.
La donna, nel corso degli interrogatori cui è stata sottoposta, avrebbe sostanzialmente confermato le versioni emerse dopo i primi accertamenti. Qualche residuo dubbio riguarderebbe il numero dei colpi esplosi con la pistola d’ordinanza che potrebbero essere stati tre o quattro, dopo che l’arma si è inceppata per un paio di volte. La donna, ancora sotto choc, non è stata in grado di chiarire il dettaglio.

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