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I 120 milioni chiesti alla Curia dopo lo scandalo di Serra D'Aiello, sarà interrogato Alfredo Luberto

La causa intentata dai creditori in Tribunale sul caso del “Papa Giovanni XXIII”: l’otto maggio verrà chiamato a deporre come testimone pure l’arcivescovo emerito monsignor Salvatore Nunnari

L'istituto "Papa Giovanni XXI" di Serra d'Aiello

Il risarcimento milionario. E lo scandalo del “Papa Giovanni XXIII” di Serra d’Aiello. La struttura sanitaria di accoglienza, voluta da monsignor Giulio Sesti Osseo, è ormai chiusa da anni ma le vicende giudiziarie correlate al fallimento, dopo la definizione e le condanne inflitte dai giudici penali, hanno adesso un significativo strascico in sede civile.
Dieci anni dopo il fallimento è stato avviato a chiusura e i crediti - come spesso accade in situazioni del genere - messi all’asta. Nel 2020 sono stati acquistati da una società impegnata in questo complesso settore e, dopo una serie di ulteriori passaggi di mano, ceduti a un’altra società la “Comabio” con sede su via Lungotevere a Roma e capitali belgi. La “Comabio” ha citato in giudizio davanti al Tribunale civile bruzio l’Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano. Con l’atto, formalizzato dall’avvocato Mario Paolini, la compagine societaria chiede alla istituzione religiosa il pagamento di 120 milioni di euro dopo che la magistratura adita ne avrà ovviamente accertato la responsabilità nelle traversie economiche sopportate dal “Papa Giovanni XXIII”.
Il giudice delegato alla trattazione della causa, Giusi Ianni, ha disposto l’interrogatorio dell’ex sacerdote Alfredo Luberto, citato in giudizio con la Curia ma non convenuto nella causa e quindi “contumace”, che è stato a lungo amministratore della struttura e risulta già condannato con sentenza definitiva in sede penale: l’audizione è fissata per il prossimo 8 maggio a palazzo di giustizia. Ma a maggio dovrà essere sentito nella veste di testimone pure monsignor Salvatore Nunnari, arcivescovo emerito di Cosenza e Bisignano.

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