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Cosenza, il ruolo delle donne nelle cosche locali di 'ndrangheta

La sociologa e scrittrice Sabrina Garofalo spiega le trasformazioni avvenute nel mondo femminile della criminalità

Un momento dell'udienza del processo per la strage di Capaci nell'aula bunker, con l'audizione del pentito di mafia Antonino Giuffré, Milano, 1 ottobre 2014. ANSA/ STEFANO PORTA

Donne uccise, donne al comando di clan, donne pentite. Nella nostra provincia dal 2014 a oggi sono state assassinate tre donne in altrettanti agguati di stampo mafioso: è accaduto a Cassano con Idriss Taoussa; a Castrovillari, con Hanene Hendli e a Sibari con Antonella Lopardo.
Le indagini condotte dalla Dda di Catanzaro sulle organizzazioni criminali del Cosentino hanno consentito pure di accertare come due donne fossero diventate “cape” di una cosca: è accaduto a Paola con Nella Serpa poi condannata all’ergastolo e, se pur per un breve periodo, a Cosenza, con Edytha Kopaczinska, l’unica polacca condannata con sentenza definitiva per associazione mafiosa in Italia. Agli inizi del Novecento nel capoluogo bruzio un ruolo importante era stato pure esercitato nella “picciotteria” da Agatina De Francesco, sorella di Francesco De Francesco, inteso come “za Peppa” conclamato capobastone locale.
Nell’area settentrionale della Calabria, infine, più donne hanno scelto di collaborare con la giustizia: è avvenuto a Sibari con Maria Luigia Albano detta “donna Gina”; a Cosenza con Anna Palmieri, Annatonia Bevilacqua e Edytha Kopaczynska; a Corigliano Rossano con Maria Vallonearanci.
A Sabrina Garofalo ricercatrice universitaria, sociologa a lungo impegnata con l’associazione “Libera” e autrice del libro “Donne, violenza e ‘ndrangheta”, abbiamo posto alcune domande per capire cosa sta accadendo nella mafia calabrese.

Come è cambiato il mondo femminile nella ndrangheta?

«Dobbiamo prima di tutto soffermarci su come sia cambiata la ‘ndrangheta e l’immaginario legato ad essa: dalle dinamiche organizzative, alle narrazioni, ai cambiamenti nella percezione del fenomeno, alle politiche e ai contesti. C’è da chiedersi come ancora oggi persistano aspettative di ruolo e come siano cambiate le relazioni di genere all’interno delle famiglie di ’ndrangheta. A fronte di ciò, in base a quello che è stato il mio percorso di ricerca, bisogna sottolineare come il potere della ’ndrangheta sia ancora pervasivo nella vita delle donne, condizionando ruoli, biografie e scelte».

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