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Il Museo di Sibari espone centinaia di reperti recuperati

Una terra stretta tra due corsi d’acqua, con una natura rigogliosa e uno straordinario patrimonio archeologico. La Sibaritide è uno dei luoghi della Calabria in cui sono custodite tracce millennarie di antiche civiltà. Un luogo nel quale ha vissuto il “padre” della Storia, quell’Erodoto che ben conoscono gli appassionati di studi classici. È in quest’area, tuttavia, che la criminalità ha messo solide radici, commettendo gravi crimini e drenando denaro con l’imposizione del “pizzo” a piccoli e grandi imprenditori.

Proprio per questo il Museo Archeologico Nazionale di Sibari si è fatto promotore di una iniziativa significativa dal punto di vista culturale e sociale: l’idea è stata del direttore, Filippo Demma, instancabile propulsore di positività nella Piana ancora abitata da segrete energie. Nella struttura museale, diventata da anni punto di riferimento per gli appassionati di Magna Graecia, saranno esposti da domani centinaia di reperti provenienti da sequestri operati dal Comando Tutela Patrimonio Culturale (TPC) di Cosenza, recuperati nel corso degli anni (principalmente tra il 2011 e il 2019) con complesse operazioni di indagine sul territorio regionale, nazionale e europeo che, al termine di una serie di procedimenti giudiziari ed amministrativi, sono stati riconsegnati allo Stato, rappresentato in questo caso dal Ministero della Cultura. La mostra è stata chiamata “Archeologia salvata”.

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