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Sanità Cosenza, prevenzione in ritardo e lea sotto soglia

Difficoltà nell’organizzazione di campagne di screening per la mancanza di specialisti in molte arre del Cosentino. Rizzo (Asp): «Proviamo a ridurre le liste d’attesa con aperture extra degli ambulatori»

L’ossimoro sviluppato nella raffineria della sanità è il nuovo modello dei lea, l’acronimo che etichetta i livelli essenziali dell’assistenza. Uno schema che osserva le performance raggiunte in tre grandi livelli: prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale, e assistenza ospedaliera. La soglia minima di ciascun indicatore è 60. Non raggiungere la quota significa incassare la bocciatura. Il disastro dei lea per la Calabria e per altre 11 sorelle, è stato illustrato, nei giorni scorsi, dal Forum delle società scientifiche dei clinici ospedalieri e universitari italiani. In dodici regioni non sono garantite le quote minime. Del resto, i disastrosi risultati inquadrano il male oscuro che impedisce al sistema salute di risollevarsi. Un sistema che è condizionato dalla storia di un turn over del personale sanitario mai più assicurato negli ultimi vent’anni a causa dell’errata programmazione dei fabbisogni del personale da parte del Governo centrale. E così, l’alambicco ha distillato risparmi di spesa con tagli nelle corsie degli ospedali e l’impossibilità di garantire lea di qualità con liste d’attesa che si sono gonfiate in fretta. E la necessità di ridurre le spese ha reso il sistema-salute ancora più cieco e sordo e sempre meno capace di vedere o di sentire il lamento dei malati.
Le difficoltà Il direttore sanitario dell’Asp, Martino Rizzo, spiega il disagio che si vive sul territorio e dentro gli ospedali. «Il passato è un macigno sulla nostra sanità. E i nuovi indicatori dei lea non ci aiutano. Basta mancare il traguardo in uno dei tre livelli per essere fuori. Vi faccio un esempio: se non riesci a operare un femore entro due giorni sei fuori. Se fai le vaccinazioni ma non puoi coprire le campagne di screening sei fuori. Purtroppo, abbiamo problemi con poco personale da far ruotare per garantire cure e assistenza in ogni angolo della provincia. Facciamo poca prevenzione? È vero, abbiamo fallito l’obiettivo dei lea. Ma la nostra difficoltà è legata al reperimento di specialisti. Sul colon, in particolare, siamo in forte ritardo. Ma in certe zone dell’Asp i gastroenterologi sono introvabili. Come facciamo questi screening? In alcune aree abbiamo la necessità di garantire le prestazioni richieste perché le liste d’attesa sono lunghe. Col direttore generale, Antonello Graziano, stiamo lavorando a un sistema per cercare di accorciare le code. Il prossimo mese partiremo con le aperture straordinarie, anche di sabato e domenica, degli ambulatori grazie alla collaborazione dei nostri specialisti. A loro abbiamo chiesto una maggiore disponibilità. Domani abbiamo un ultimo incontro, poi definiremo lo schema. L’adesione dei medici sarà libera, ma ogni professionista sa quanto sia importante abbattere le liste d’attesa. Certo, il lavoro è lungo e non sarà facile uscirne».

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