Si è conclusa ieri la visita ad limina dei vescovi calabresi. Un vero e proprio momento di grazia, di preghiera e confronto. I vescovi calabresi, oltre all’incontro con Papa Francesco, hanno avuto modo di dialogare con diversi dicasteri, tra cui quello per il Sinodo, importante appuntamento a cui la chiesa universale si sta preparando per il 2025. Il vescovo incaricato del cammino sinodale della Conferenza episcopale calabrese, monsignor Maurizio Aloise, arcivescovo della chiesa di Rossano-Cariati, nell’incontro con Luis Marín De San Martín, Nathalie Becquart e Giacomo Costa della segreteria generale del Sinodo, nella sua relazione ha evidenziato i frutti e le sfide che il percorso finora ha portato alla luce nelle chiese di Calabria. Tra i frutti: la maggiore consapevolezza che il cambiamento nella Chiesa parte da ogni individuo e da ogni gruppo ecclesiale, ma anche da un comportamento aperto alla capacità di ascoltarsi, dando voce alle aspettative oltre che alle criticità che ci possono rivolgere; la necessità avviare processi di costruzione di comunità ecclesiali capaci di ascoltare per armonizzare le differenze di fraternità e comunione in modo da far fronte agli attuali processi di disgregazione favoriti dalle visioni individualiste della convivenza umana; o anche la riscoperta del servizio del sacerdote, strumento privilegiato per incontrando il lontano o l'indifferente.
Tra le sfide monsignor Aloise ha evidenziato la tentazione di non lasciarsi veramente interrogare e guidare dallo Spirito, ma «di fare del viaggio sinodale un’occasione per affermare idee personali, mostrando chiusure, resistenza e scetticismo che rallentano e ostacolano la conversione individuale e comunitaria; il rischio di vivere il cammino sinodale come evento e non essere consapevoli di uno stile sinodale di dialogo e discernimento da fare proprio nella prassi della vita dei gruppi e delle comunità, con la difficoltà di integrare e armonizzare il cammino sinodale con le tante usanze o tradizioni presenti nelle Chiese locali e con l'ordinaria opera pastorale stessa il difficile e mai pienamente armonizzato rapporto tra sacerdoti e vescovi, tra clero e laici, tra adulti e giovani, con il pericolo di polarizzazioni sempre latenti che lacerano la stima reciproca; o anche la mancanza di fantasia e creatività in lavoro pastorale che spinge piuttosto a riproporre pratiche sacramentali consolidate ma sempre più indebolite, senza uscire dalla routine e accettare la sfida dei cambiamenti epocali in atto nella società, nella cultura e nell'esistenza delle persone».
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