La droga nascosta nel canneto spariva senza una ragione e volava via anche quella “infilata” nei cassettoni dei contatori dell’Enel. E così Paolo Elia non si dava pace. Quel canneto vicino casa sua, nel territorio di Marano Principato, sembrava un posto sicuro. Eppure il barattolo contenente le dosi della cocaina non c’era più: dissolto nel nulla, sparito. Era come se – al netto della magia d’un qualsiasi mago Otelma o del Divino in persona – il canneto l’avesse ingoiato quel barattolo con le “palline” di cocaina. Non si dava pace Elia e, in una conversazione telefonica, confida l’arcano a un suo amico sperando – si presume – che quello lo aiuti a risolvere l’enigma. «L’avevo messo lì il boccaccio coi “ventini”, lì nel canneto... un posto sicuro. Poi sono andato e non l’ho più trovato... anche in quell’altro posto non c’era più». Non poteva immaginare Paolo Elia che gli investigatori non solo ascoltavano le sue conversazioni, ma lo seguivano con una certa costanza e in varie occasioni provvedevano anche sequestrare la roba. Sapevano tutto, quelle ombre, conoscevano a menadito non solo il canneto, e i cassettoni dei contatori dell’Enel dove veniva occultata la “coca” a Marano Principato, ma anche i nascondigli nel vicino comune di Marano Marchesato, quelli della sala giochi in via Garibaldi. Quelli che Elia condivideva con Umberto Franco Conforti suo socio in affari e manager esclusivo dello spaccio nei due paesini delle Serre Cosentine.
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