Le “cantate” del collaboratore Luca Talarico rimescolano le carte del rito ordinario del processo Kossa e inguaiano Francesca Intrieri, segretaria dell’azienda intestata fittiziamente all’imprenditore 38enne di Spezzano Albanese ma, di fatto, nella disponibilità del clan Forastefano. Nel corso dell’udienza di ieri del rito ordinario del processo scaturito dall’operazione antimafia, scattata nel febbraio 2021 e che aveva riacceso i riflettori sull’esistenza di una vera e propria “mafia della terra” portando all'arresto di diciassette persone disarticolando una parte della supercosca Zingari – Forastefano, è stato depositato un nuovo verbale del pentito Luca Talarico, imprenditore 38enne di Spezzano Albanese, condannato in primo grado a 12 anni di carcere, ritenuto una testa di legno della cosca Forastefano utilizzato nell’intestazione fittizia di alcune aziende agricole.
Se nel processo abbreviato, infatti, arrivato alla fase del giudizio di secondo grado, la Corte d'Appello di Catanzaro si appresta ad emettere la sentenza a metà luglio a Castrovillari si sta celebrando il rito ordinario, dove sono imputati Alessandro Arcidiacono e Francesca Intrieri. E nel tribunale della città del Pollino, la pubblica accusa ha depositato un verbale illustrativo molto più corposo rispetto alla brevissima dichiarazione contenuta nel processo in corso di svolgimento a Catanzaro.
Nelle carte depositate dalla pubblica accusa Talarico ammette di essersi intestato l'azienda che portava il suo nome in qualità «di prestanome della cosca Forastefano, in particolare nella persona di Pasquale Forastefano e Domenico Massa». Ma dal racconto dello spezzanese emerge, soprattutto, un coinvolgimento diverso della Intrieri che non appare più essere quello di semplice figura marginale nell’inchiesta.
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